giovedì 19 gennaio 2012

Costa Concordia: eroi e mostri, senza mezze misure.

Il triste naufragio della Costa Concordia è stato il perno dei palinsesti televisivi degli ultimi giorni nonché assoluto protagonista nei dibattiti che quotidianamente hanno riempito autentici tempi dell'opinione pubblica, quali bar, scuola, famiglia ma soprattutto internet. Da oggi, straordinariamente, anche Football Calling. Il mirino mediatico si è progressivamente spostato dalle tragiche morti dell'incidente al toto-colpevole, un gioco che appassiona particolarmente noi italiani. A prevalere nell'elementare rebus per scovare il colpevole è stato, per distacco, il comandante Schettino, reo di aver tradito l'essenza morale del suo impiego abbandonando la nave e privando i naufraghi della figura rassicurante ed intraprendente che comunemente si riconosce nel capitano. L'errore di Schettino è stato sicuramente evidente ed anche molto influente per quelle che sono state le, tragiche, conseguenze. Ma, per quanto sembri assurdo dirlo trattandosi di un uomo ben consapevole dei rischi e dei doveri che comporta la sua professione, si è trattato di un errore umano, dettato dalla più innata e basilare caratteristica che ci contraddistingue, ossia l'istinto di conservazione. Non si vuole scagionare Schettino con quanto appena asserito, semplicemente si tenta d'indurre a riflettere coloro i quali hanno destinato al comandante epiteti ed ingiurie sproporzionate rispetto all'atto compiuto,  che non vennero ad esempio rivolti al pluriomicida norvegese Breivik (che di persone ne ha ucciso almeno 91, ma che in Italia è passato pressoché inosservato) o ad altri mostri e serial-killer con fedine penali altrettanto infangate. I più esaltati hanno persino parlato di pena di morte, altri si sono "accontentati" di proporre l'ergastolo per il nativo di Sorrento. La realtà è che Schettino dovrebbe cavarsela con gli arresti domiciliari e la sospensione dalla Costa Crociere. Accanto al colpevole, in questa vicenda è stato anche delineato l'identikit dell'eroe, riconosciuto con l'avvocato De Falco, comandante della Capitaneria di Porto di Livorno, il quale ha inconsapevolmente guadagnato fama e successo smascherando la viltà di Schettino nell'acceso diverbio, trasmesso in tutte le salse, che ha appassionato gli italiani negli ultimi giorni. La competenza, la passione e l'umanità di De Falco l'hanno reso un autentico idolo, eroe di questa sfortunata vicenda. Anche in questo caso non mancano giudizi sconsiderati: raccoglie curiosamente consensi l'assurda idea di insignire De Falco della medaglia al valore. No, non è uno scherzo. In quei quattro minuti di conversazione, così decisivi per le sorti mediatiche dei due protagonisti, non vedo che il confronto tra chi rispetta e chi non rispetta il suo dovere. Nessun eroe e nessun uomo da crocifiggere o immolare sul patibolo. Semplicemente due uomini, l'uno col senso del dovere, l'altro inadeguato ed inadatto per la carica ricoperta. Il tormentone che ha assorbito le mie ultime giornate è stato un'altro: come è possibile essere così estremi nelle valutazioni? L'Italia è davvero un paese pittoresco.

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