martedì 25 giugno 2013

La roulette lettone Gulbis fa ancora più paura adesso

È solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di poter fare qualsiasi cosa. Parole affascinanti, quasi mistiche. Uscite dalla bocca di Brad Pitt nelle vesti di Tyler Durden, il gotha di Fight Club, in quella che resta nella storia come una delle sue interpretazioni più celebri e riuscite.

Il 15 ottobre 2012, Ernests Gulbis toccava la 159esima posizione nel ranking ATP e, tennisticamente, aveva decisamente perso tutto ed era libero di fare qualsiasi cosa. Di lasciare il tennis, come gli suggerì la madre oppure di provarci per l'ultima volta, come decise il lettone rispondendo all'accorato suggerimento della madre attrice. A cuor leggero, col talento che ha sempre avuto e con la carica, la grinta e la continuità atletica che solo il lavoro con Gunther Bresnik può offrirgli. Serve una scintilla, un segnale anche minimo che appuri che Ernests c'è ed ha ancora voglia di giocare a tennis. Arriva ad Eckental, in una città qualunque della Germania ed in un Challenger qualunque. Gulbis parte dalle qualificazioni e riesce a perdere addirittura dal suo semi-sconosciuto connazionale Juska: ma il suo torneo continua, e il lettone di Jumala riesce a conquistare la finale, battendo, tra gli altri, anche Grega Zemlja. Ma è Daniel Brands ad alzare la coppa, che batte Gulbis nell'atto conclusivo del torneo in due set. Poco male: quella scintilla era arrivata. Da allora, da quel torneo autunnale del 2012, l'ultimo dell'anno per il lettone, le cose cambiano progressivamente. Un sedicesimo a Rotterdam, e poi il ritorno nella ridente Delray Beach, città della Florida in cui Ernests, solo due anni prima, aveva trionfato. È il posto ideale per tornare a vincere. Gulbis lo fa, conquistando il terzo titolo della sua carriera. Sembra passata una vita, ma in realtà son trascorsi solo 4 mesi: Ernests ora sembra diverso ed ha la forza e la solidità di giocarsela contro chiunque, non solo contro quei big che il lettone aveva più volte dimostrato di poter battere senza eccessivi patemi ma anche contro gli onesti mestieranti contro cui invece perdeva spesso e volentieri. La classifica sorride, Ernests ritorna nei top 100. Gioca bene a Barcellona, dove cede solo a Raonic, a Monaco perde da Tommy Haas, che avrebbe poi vinto il torneo. Stessa sorte a Roma, dove Nadal lo batte, ma solo dopo un tesissimo tira e molla in cui il lettone ha più volte deliziato il pubblico italico, sviscerando quei colpi potenti e spettacolari che compongono il suo feng-shui tennistico. A Parigi, sul Philippe Chatrier, Monfils è l'idolo di casa ed una sconfitta contro La Monf non può decisamente farci urlare allo scandalo. Insomma, Ernests c'è e il buon successo con Baghdatis ad Halle documenta che, nonostante le difficoltà legate alla velocità dei campi e ad un'apertura del diritto eccessivamente ampia e manovrata, Ernests può dire la sua anche sull'erba.

Adesso, Wimbledon. Non sarà una prova del nove, l'ennesima né un'altra cartina al tornasole per decifrare il valore effettivo del lettone, che tanto parrebbe enigmatico comunque. È semplicemente un'occasione, un altro treno che gli passa davanti per riscrivere la sua storia e sostituire il lieto fine all'etichetta di mancato campione che già per molti riassume la sua carriera tennistica. L'anno scorso la roulette lettone giustiziò Berdych, l'uomo che solo due anni prima si giocò la finale con Nadal. Poi capitolò sotto i colpi dell'impetuoso Janowicz. E stavolta? Pochi probabilmente si sarebbero aspettati una sua vittoria contro Tsonga, perché è universalmente riconosciuta la sua vena da giant-killing ma è altresì nota l'innarrestabile violenza del franco-congolese su questa superficie. Eppure, Gulbis è riuscito a giocarsela egregiamente, immacolato dal gradito aiuto del destino, che gli semplifica le cose provvedendo ad annientare il ginocchio del francese e a spianargli la strada che conduce ai sedicesimi. Si sa, di questa pazza ed imprevedibile roulette lettone è difficile prevedere l'esito, la ragione ci impone di credere che gratuiti da principiante, racchette frantumate, passanti al millimetro, ace e bombe da fondo campo orchestreranno il leit motiv anche questa volta. Ma oggi c'è qualcosa di diverso. Affrontare Gulbis è difficile come forse non mai: chi lo incrocierà si troverà di fronte la versione più solida ed equilibrata del rosso di Jumala. Una roulette ancora più pericolosa.

Nessun commento:

Posta un commento