giovedì 29 dicembre 2011

Player Of The Week: Adel Taarabt

La partita di qualche giorno fa a Liberty Stadium contro lo Swansea rischia di essere una delle ultime apparizioni di Taarabt con i SuperHoops. Beffardo, il destino: solo un anno fa, contro la stessa squadra, Taarabt si presentò ufficialmente al mondo del calcio come uno dei talenti più cristallini e promettenti. Fu essenzialmente lui il responsabile della clamorosa disfatta subìta in quell'occasione dagli Swans: un 4-0 condito da un gol assolutamente fenomenale che solo un così poetico genio calcistico avrebbe potuto partorire. L'uno-due con Orr, che gli restituisce un pallone che poteva benissimo essere destinato alla bandierina, nel nome di quella che è una prassi piuttosto consolidata per far scorrere secondi sul cronometro. Mancava poco in effetti, ma per Taarabt c'era ancora tempo per stupire e deliziare il già entusiasta pubblico del Loftus Road. Decide allora di umiliare il talentuoso Allen (che, a proposito, è tra i più interessanti prospetti del panorama calcistico britannico) con un tunnel e spedire con un destro a giro un pallone che va a togliere le ragnatele sul secondo palo e a scrivere un capitolo, forse il più bello, della storia sua e del QPR. Una giocata che sintetizza brevemente la sua nomenclatura calcistica: leziosa, spettacolare, funambolica ma sempre volta alla decisa ricerca della rete, come racconta il bottino della sua ultima stagione, che consta di 19 gol oltre a un numero astronomico di assist. E' passato molto da allora, la partita del Liberty Stadium di qualche giorno fa l'ha visto partire titolare per la prima volta dopo più di un mese. Non ha giocato male ma non ha nemmeno sfoderato i colpi tipici del suo immenso repertorio, limitandosi a una gara intelligente ma non degna del suo talento che comunque però ha condotto il QPR verso un prezioso pareggio. E' chiaro che qualcosa non va: gli scintillanti dribbling dell'anno scorso restano un ricordo sbiadito nelle menti dei tifosi e a preoccupare è il suo approccio tecnico-tattico alla Premier League oltre alle annose questioni comportamentali che, troppe volte, l'hanno costretto alla panchina, o peggio alla tribuna, o peggio ancora a casa. Una serie infinita di proclami, bambinate e capricci che l'ha allontanato sempre più da Londra. E sia lui che Warnock raccontano di quanto sia insostenibile l'aria per lui nello spogliatoio dei Rangers, le cui chiavi sono ormai saldamente tra le mani di Barton, il ragazzaccio di Liverpool con cui Adel proprio non riesce ad andare d'accordo. Un'alchimia compromessa ormai con i compagni che una volta l'amavano e stimavano ma anche con i tifosi, ormai spazientiti dall'insaziabile ambizione del marocchino, più volte sbandierata nelle sue esternazioni, in cui afferma di voler trovare una destinazione che lo soddisfi di più finanziariamente e calcisticamente. E' almeno dall'estate scorsa che la casacca bianco-blu inizia ad andargli stretta, ma le paternali di Warnock, suo allenatore e mentore, e l'inconsistenza dell'interesse del PSG alla fine hanno fatto sì che il talentuoso numero 7 restasse a Londra. Ma già da allora, quella così romantica e spensierata storia sembrava giunta ormai al capolinea. Adesso, a distanza di pochi mesi, complice anche il pessimo rendimento avuto sinora da Taarabt, le squadre interessate al suo acquisto diminuiscono vertiginosamente e sembra ancora più difficile rintracciare una soluzione che soddisfi le aspettative economiche sue e di Tony Fernandez, il ricco proprietario malesiano, che in realtà sarebbe disposto anche a un sostanzioso sconto sul prezzo per porre fine a una questione che ha fin troppo tormentato la stagione del QPR. Costerebbe non più di 8-9 milioni la prospettiva di avere in squadra un ragazzo sicuramente problematico da gestire ma talentuoso come pochissimi. Un giocatore da educare tatticamente ma più che altro da spronare: il suo vero limite resta la discontinuità, ma in realtà anche nelle giornate meno felici riesce a risultare decisivo con pochi tocchi mirati. Gli esperti di calciomercato continuano a scommettere sul PSG ma danno anche il Napoli come pretendente all'acquisto del nordafricano. I tifosi partenopei dimentichino però l'idea di prenderlo per avere in squadra il vice-Lavezzi o il vice-Hamsik: trovare una panchina più comoda non è la reale impellenza di Taarabt. Il marocchino gioca per sentirsi amato, idolatrato, protagonista assoluto della squadra per cui è in campo. Adel Taarabt, campione viziato, montato, imbaldanzito ma straordinariamente sublime. Ed è, soprattutto di questi tempi, la cosa più importante.
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lunedì 26 dicembre 2011

Eroi per un giorno

David Stockdale, oggi impenetrabile
Il copione del Boxing Day 2011 porta la firma di due insospettabili protagonisti, David Stockdale e Mark Bunn, secondi portieri rispettivamente in forza al Fulham e al Blackburn. In realtà, l'etichetta di "eroe per un giorno" è parzialmente fuorviante per Stockdale: il 26enne inglese non è nuovo a prestazioni sopra la media e le sue convocazioni nella Nazionale dei Three Lions testimoniano quanto grandi siano le sue potenzialità. Oggi, chiamato a sostituire l'infortunato Schwarzer non ha affatto deluso, anzi, se il Fulham è uscito imbattuto da Stamford Bridge deve ringraziare soprattutto il proprio portiere. Tanti gli interventi dell'ex Leicester, decisivo in almeno 4-5 situazioni. Fotografia fedele della sua prestazione è l'ottimo riflesso sul ben calibrato colpo di testa di Drogba all'87': una parata che di fatto ha anestetizzato, a livello mentale più che pratico, gli sforzi offensivi del Chelsea. Stockdale a parte, la partita odierna è stata molto complicata da gestire per il Chelsea che ha mostrato grande fatica nell'innescare Torres, molto negativo ancora una volta. Nemmeno la difesa è stata sufficientemente convincente: l'inedito duo composto da Romeu e David Luiz ha fatto meno danni del previsto ma non ha comunque compromesso le chance offensive dell'attacco di Jol, che nonostante l'inettitudine del proprio terminale (Orlando Sà), è riuscito a rendersi pericoloso in più occasioni. L'1-1 finale rinnova le preoccupazioni di Villas-Boas, diviso ormai da 11 punti dalle prime due posizioni. Stesso epilogo ha avuto il match tra Liverpool e Blackburn, sebbene fattori come i 20 punti di distacco tra le due compagini e il pessimo momento dei visitors lasciassero presagire tutt'altro tipo di esito. Ed infatti, statistiche alla mano, non c'è molto da raccontare della partita del Blackburn: allo sfortunato autogol di Adam è seguito un periodo di stucchevole catenaccio difensivo, lo stesso che Kean qualche settimana prima aveva proposto in casa del Sunderland: mentre però allo Stadium of Light il solido difensivismo dei Rovers si era sgretolato sotto i colpi di Colback e Larsson, questa volta il Blackburn riesce a rimediare un punto grazie alle straordinarie prodezze di Bunn. Per quest'ultimo l'epiteto di "eroe per un giorno" calza invece a pennello come può testimoniare il suo tutt'altro che esaltante curriculum, scandito da poche soddisfazioni personali e addirittura culminato negativamente l'anno scorso con la retrocessione con lo Sheffield United. Oggi ha avuto la sua rivincita con una prestazione impeccabile: le sue numerose parate hanno vanificato i tentativi a rete di Carroll. Il centravanti ex Newcastle oggi ha fatto timidi passi avanti ma resta comunque molto lontano dal tipo di giocatore che Dalglish credeva di aver acquistato. Decisamente meno capzioso è stato il compito del Man Utd che ha sbrigato facilmente la pratica Wigan andando in rete per ben 5 volte. Il risultato è frutto però dell'ennesima mania di protagonismo di Phil Dowd: il tarchiato direttore di gara inglese conquista i riflettori grazie all'insensata espulsione di Sammon, che si spera apra una volta per tutte gli occhi alla FA e faccia capir loro quanto grande sia il gap che divide il suo valore da quello dei match che è solito dirigere. La vittoria garantisce a Sir Alex il primato in classifica in coabitazione con i rivali cittadini del City, oggi fermati al The Hawthorns sullo 0-0. Pareggiano Sunderland ed Everton, mentre il Newcastle espugna il Reebok Stadium e Demba Ba si conferma per strapotere fisico e possibilità tecnico-balistiche uno dei migliori attaccanti della Premier League. Nelle altre divisioni inglesi pesa la vittoria del Middlesbrough a spese dell'Hull City mentre il pareggio del West Ham al St.Andrews' delinea sempre più il primato del Southampton, oggi vincente sul Crystal Palace grazie alla doppietta di Do Prado. Vince anche il Millwall sul Portsmouth, così come Reading, Blackpool e Burnley che fanno decisi passi avanti verso la zona Playoff. In League One vince l'Huddersield mentre lo Sheffield Wednesday sciupa un'altra partita facendosi raggiungere nel finale dal Walsall che capovolge il risultato nei minuti di recupero segnando prima con Gnakpa e poi con Smith.
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sabato 24 dicembre 2011

Boxing Day- il calcio non si ferma

Nostalgia del calcio? Don't panic, gli inglesi hanno pensato anche a questo. L'attività calcistica britannica non si fermerà ma anzi s'intensificherà ulteriormente con serie di match incredibilmente ravvicinate. A quel proposto tipico dell'essenza del Natale, di rivalutare pietre miliari come l'amore, la famiglia, il focolare domestico, in Inghilterra è unita l'insaziabile brama di football, un valore che per gli inglesi segue la scia di quelli prima citati. E' quindi proprio durante il periodo natalizio che è possibile cogliere appieno la magia e la tradizione del football britannico, per quanto i petroldollari cerchino in tutti i modi di svilirle. Il cardine del fitto ciclo natalizio del calcio britannico, sia a livello passionale che per una questione di mera ricchezza del palinsesto, è inevitabilmente il Boxing Day, giorno in cui oltre a scartare i regali si è soliti, in nome di una tradizione secolare, guardare partite di calcio.
Il 26, di fatto, scenderanno in campo tutti i campionati britannici e la Premier League per l'occasione offrirà ben 7 match, con tanto di posticipo serale. Si parte da Stamford Bridge, con Chelsea-Fulham, si procederà con match non particolarmente spettacolari sulla carta (Liverpool-Blackburn, WBA-Man City e Man Utd-Wigan hanno tutta l'aria di essere partite già decise) fino all'incontro serale tra Stoke City e Aston Villa. Partite potenzialmente divertenti in realtà ci sono e sono essenzialmente due, prive però di copertura televisiva in Italia, riservata unicamente agli "esaltanti" match di Liverpool, Man Utd, Man City e Chelsea. Ma non c'è da disperarsi: saranno facilmente rintracciabili in streaming. Eccole:

SUNDERLAND-EVERTON- Il buono stato di forma mostrato dalle due squadre nelle ultime uscite sembra essere indice di una partita ricca di gol e spettacolo. Il Sunderland è parso rinsavito dopo l'avvicendamento di Martin O'Neill sulla panchina dei Black Cats: due vittorie e una partita persa col Tottenham che fa poco testo: White Hart Lane per come stanno giocando Bale e compagni è diventato qualcosa di molto simile a una fortezza. In particolare, la rocambolesca vittoria a Loftus Road offre spunti molto confortanti a O'Neill per la tenuta psicologica prima ancora che fisica e tecnica della squadra. I Toffees, invece, aspettando Donovan che sbarcherà a Liverpool il 4 gennaio, hanno trovato parzialmente il sorriso dopo il risicato successo sullo Swansea. Moyes sembra aver riottenuto la fluidità tipica del sistema di gioco che ha impiantato nel team della Merseyside, ma deve fare ancora i conti con i problemi relativi al suo attacco: l'Everton con solo 17 reti all'attivo ha il terzo peggior attacco della Premier. Nel dato ha una forte influenza l'evidente assenza di un centravanti prolifico, un problema con cui Moyes è costretto a convivere da tanto, troppo tempo. La rapidità e l'efficacia nel contropiede di giocatori come Coleman e Drenthe rende comunque la compagine diretta dal manager scozzese un osso duro anche in trasferta.


BOLTON-NEWCASTLE- Al Reebok Stadium va di scena l'affascinante incrocio tra la grande delusione e la grande sorpresa di quest'inizio di stagione: il Bolton e il Newcastle. Lo stato di forma dei due club è paradossalmente diverso dalle aspettative di qualche settimana fa: la vittoria a Blackburn ha dato un minimo di fiducia a Coyle mentre il giocattolo di Pardew inizia a scricchiolare dopo qualche sconfitta di troppo. Il successo a Ewood Park ha ridato speranza ai Wanderers, le cui possibilità di salvezza son ben lungi dall'essere compromesse. Per il Bolton restano evidenti le lacune offensive con Klasnic ma soprattutto N'Gog che stanno clamorosamente deludendo le aspettative. A Newcastle prende invece sempre più piede la convinzione corale che l'unico elemento degno del piazzamento attuale della squadra sia Demba Ba, la cui vena realizzativa non accenna a placarsi. Il Reebok Stadium potrà essere il teatro ideale per i Magpies per provare ad invertire il trend e a tornare a vincere. Il match, qualunque sia l'esito, sarà un'importante cartina al tornasole per appurare le effettive possibilità di Bolton e Newcastle di raggiungere i propri obiettivi, rispettivamente salvezza e piazzamento europeo. Lo spettacolo è assicurato.

Insomma, chi cercava una valida alternativa alla noia da facebook e divano è accontentato.



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mercoledì 21 dicembre 2011

Tanti gol sotto l'albero

A Natale si è tutti più buoni, si sa. Ma che il recupero della prima giornata di campionato, rinviata per via del tanto discusso sciopero dei calciatori, sarebbe stato così buona in termini di gol, era cosa difficile da pronosticare per chiunque. Ventotto, addirittura, i gol siglati nelle 8 partite disputate stasera. A fare più rumore è inevitabilmente la sonora batosta incassata da Malesani a Napoli, l'1-6 subìto adesso spinge gran parte della tifoseria rossoblu a chiedere la testa dell'ex allenatore del Bologna. Altrettanto sconcertante il verdetto dell'Atleti Azzurri d'Italia che ha premiato i padroni di casa, i quali s'impongono sul Cesena con il risultato di 4-1, una scorpacciata di gol che pochi si sarebbero aspettati. Nessuno, tra i pochi e più che tranquilli tifosi del Parma presenti al Tardini stasera, avrebbe potuto invece credere che i gialloblù, avanti 3-1, non sarebbero riusciti a portare a casa i 3 punti. E invece al Tardini ecco il secondo 3-3 di fila, complici le reti di Lodi e Catellani che garantiscono a Montella un Natale quantomai sereno. A proposito di pareggi rocamboleschi, il Novara ha rimontato due reti al Palermo, grazie ai centri di Mazzarani e Rigoni, ma soprattutto all'ennesima sciocchezza di Ilicic, che con un espulsione assolutamente evitabile ha privato i rosanero del loro uomo più prezioso. Un talento esuberante, a tratti prorompente, che non riesce ad affermarsi del tutto a causa degli evidenti limiti caratteriali da cui è accompagnato. Meno rocambolesco il pareggio dell'Olimpico, dove la Lazio porta a casa un punto soprattutto grazie ai miracoli di San Bizzarri. Trova la vittoria invece l'Inter, nonostante il timore iniziale suscitato dalla rete di Muriel e dai ben 4 pali colpiti e infligge un doloroso 4-1 al Lecce, che resta il fanalino di coda della classifica. Non troppo migliore la situazione del Bologna di Pioli, che perde in casa dalla Roma. Sembrano essersi definitivamente placate le voci avverse circa il futuro di Luis Enrique, il quale riceve invece elogi dopo un'ottima performance, in cui iniziano a ravvisarsi in maniera concreta e tangibile i tratti del suo scintillante credo tattico.
Si è giocato anche in Premier League, in quello che è stato un mercoledì sera assolutamente appagante in quanto a spettacolo. City e United vincono senza troppi problemi contro Stoke e Fulham, mentre l'Arsenal espugna Villa Park grazie a un gol di Benayoun. Tempi duri per il Newcastle di Pardew, che perde in casa dal West Bromwich, che si conferma squadra estremamente temibile in trasferta. Altrettanto difficile è la situazione del QPR, che esce sconfitto da Loftus Road contro il Sunderland: ora Warnock inizia davvero a vacillare. Dopo il doppio vantaggio accumulato dai Black Cats, le cose sembravano essersi messe bene per Warnock quando i Rangers avevano trovato il pareggio segnando prima con Helguson e poi con Mackie. E' un gol incredibilmente fortuito di Wes Brown, che non segnava da 3 anni, a garantire altri 3 punti per Martin O'Neil, il cui impatto sulla panchina una volta occupata da Bruce è stato fin ora sorprendentemente prolifico.
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lunedì 19 dicembre 2011

Finirà?

E’ inevitabilmente questa la domanda che frulla nel cervello di molti doriani: finirà prima o poi questo scempio? Di certo oggi non si è avuto quel cambio di rotta che così segretamente abbiamo coltivato in questi giorni, quasi con pudore nell’esternarlo ben consapevoli che vincere a Pescara sarebbe stato pressochè impossibile. E in effetti i valori espressi in campo oggi hanno confermato tutti e 10 i punti che dividono queste due squadre: non solo a livello di organizzazione, caratteristica particolarmente brillante dello scacchiere di Zeman, ma anche come materiale tecnico a disposizione, la società abruzzese è parsa notevolmente superiore. Più sguscianti, creativi e concreti, gli uomini di Zeman hanno letteralmente dominato una squadra tutt’ora priva di una chiara identità tattica sfruttando gli evidenti, quasi cronici (ormai), limiti dei blucerchiati nell’orchestrare una trama offensiva ma già addirittura nell’inanellare due passaggi di fila. In questa circostanza le colpe del centrocampo sono, come sempre, evidentissime: Dessena, nonostante un paio di tackle stranamente vincenti, è stato ripugnante così come Soriano non ha saputo essere sufficientemente incisivo nelle due fasi. Anche oggi il reparto nevralgico doriano denotava una stucchevole inabilità nell’avere l’esatta tempistica negli interventi che siano difensivi o offensivi, che di fatto ha sterilizzato ogni tentativo di contrapposizione al solido e fluido sistema del Pescara . Dopo 5 partite e altrettante settimane non si colgono ancora i frutti del lavoro di Iachini, i problemi da risolvere restano gli stessi da più di un anno. E fin ora non sembra che le sue scelte abbiano migliorato la situazione, tutt’altro: l’aver relegato il nostro più temibile attaccante, Bertani, a oltre 40 metri dalla porta, sulla fascia ad attendere palloni che solitamente giungono imprecisi o irraggiungibili, imbriglia ulteriormente la manovra offensiva. Idem per Foggia, troppo importante per questa squadra e troppo valido tecnicamente per limitarsi al diligente compitino da esterno: questo giocatore ha i mezzi tecnici e psicologici per prendersi delle responsabilità, anche in un contesto così complicato, e l’ha dimostrato nel finale, quando tutte le flebili speranze di rimonta passavano per i suoi piedi.

Timido, quasi impacciato, il nostro capitano, sempre più lontano da quel giocatore che ci aveva condotto fieramente ai preliminari di Champions non più di due anni fa, ha fallito anche quella che sembrava l’ultima chiamata per lui. Triste pensare che una storia così ricca di emozioni e soddisfazioni possa realmente chiudersi con la sostituzione con Obiang, con cui il capitano era frettolosamente uscito dal campo e probabilmente da quella dimensione da cui forse pensava di non uscire più, quella blucerchiata. Rinnegarlo in maniera così netta e violenta è sicuramente irriconoscente verso la figura che ha scritto gli ultimi 10 anni di storia blucerchiata, allo stesso tempo però cederlo e quindi resettare del tutto il fatiscente sistema tecnico-tattico instauratosi l’anno scorso è probabilmente l’unico tentativo che ci resta per rischiarare i nostri orizzonti. Immolare Palombo per rimediare a tutta la serie di goffi e sciagurati errori di cui è stata protagonista la nostra società è forse l’unica soluzione per salvarci da un baratro economico oltre che morale e sportivo. Inutile ribadire la conditio sine qua non a cui ragionevolmente deve essere legata l’eventuale cessione di Palombo: operazioni lucide ed economicamente sostanziose che inseriscano in questo organico almeno un regista (il Verratti visto oggi sarebbe una degna soluzione), un centravanti e un paio di terzini. Solo questo modus operandi potrebbe indorare una pillola amara quanto tristemente necessaria, quella della fine di una parte della storia blucerchiata. Una parte che difficilmente dimenticheremo.

Potete leggerlo anche su Sampbook: http://www.sampbook.com/blog/19/12/2011/finira/
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sabato 17 dicembre 2011

Insoliti protagonisti

Jordan Rhodes, protagonista della giornata
In campo oggi non è scesa nessuna delle prime 5 di Premier League, eppure per gli appassionati di calcio inglese c'è stato eccome materiale per dilettarsi. Prima di narrare le vicende delle 10 squadre impegnate in Premier League quest'oggi, credo sia opportuno riservare qualche riga al match più bello della giornata, che fa capo a una realtà (quella della League One) che spesso passa colpevolmente inosservata, ma che per spettacolo offerto non varrebbe meno di campionati molto più idolatrati. Si tratta della partita tra Sheffield e Huddersfield, che per posizione di classifica, atmosfera e credo tattico dei rispettivi allenatori si preannunciava già alla vigilia più che spettacolare. Il Wednesday si presentava alla sfida con un invidiabile ruolino di marcia tra le mura amiche dell'Hillsborough (otto vittorie e due pareggi, nessuna sconfitta) mentre l'Huddersfield dopo ben 43 partite senza sconfitte, con cui aveva frantumato il precedente record del Forrest di Clough, la cui striscia d'imbattibilità contava 42 partite, aveva perso prima col Charlton e poi col Bournemouth. Pareva aver cambiato rotta la squadra di Lee Clark quando Rhodes aveva siglato una doppietta portando in vantaggio gli ospiti. Gli Owls però non sono rimasti a guardare e, prima col mastodontico Rob Jones e poi con Johnson, hanno trovato la via del gol. Il primo tempo si era concluso sul 2-2 e nessuno dei copiosi spettatori dell'Hillsborough avrebbe potuto dirsi annoiato. Non sapevano che quel primo tempo non si trattasse che di un antipasto di quello che sarebbe stato lo scoppiettante proseguo del match. Ben Marshall e la punta O'Grady portano in vantaggio gli Owls: è 4-2 e nessuno sembrava poter privare i tifosi dello Wednesday della prospettiva di una rimonta assolutamente epica. Rhodes però, non sembrava pensarla così e al 77' completa la tripletta accorciando le distanze per l'Huddersfield. Non finisce qui: Rhodes decide di entrare nella storia e segna ancora fissando il punteggio sul 4-4: questo l'epilogo di una partita assolutamente memorabile. Non si può usare lo stesso epiteto per il match del St James' Park (ufficialmente la "Sports Direct Arena" da qualche settimana; una mossa, quella del cambio di nome, che ha garantito non pochi quattrini alla proprietà dei Magpies) dove il Newcastle sfidava il Swansea per uscire da un periodo non particolarmente positivo (3 sconfitte e 1 pareggio nelle ultime 4). In realtà, anche per via delle numerose assenze tra le fila dei ragazzi guidati da Pardew, per il Newcastle s'è rivelato molto più ostico del previsto avere la meglio dello Swansea, che ha portato a casa un onesto 0-0. Era sceso in campo anche Santon, la cui prestazione di certo non passerà alla storia (come ingannevolmente avrà provato a farvi credere Roggero) però di certo potrà aiutarlo a ricucirsi un ruolo importante tra i piani di Pardew. Male invece l'altro giovane, Sammy, il fratellino del più noto e prolifico Shola Ameobi, che per quanto simpatico ha dato prova dei suoi limiti anche nello scampolo concessogli quest'oggi.
Nelle zone basse della classifica le sconfitte di Blackburn e Bolton rischiano di essere particolarmente deleterie per i rispettivi cammini in campionato. La squadra di Kean (ma quando lo cacciano?) perdendo 1-2 in casa dai Baggies di Hodgson resta penultima in classifica, mentre il Bolton colleziona l'ennesima sconfitta perdendo anche a Craven Cottage: Coyle adesso rischia seriamente per la sua panchina. Non rischia affatto invece Tony Pulis, che anzi meriterebbe un monumento dalle parti del Britannia Stadium. La straordinaria squadra che ha messo su con rara sapienza tattica e maestria nello scegliere i giusti interpreti, si conferma temibilissima anche in trasferta. Al Molineux trionfano i Potters anche grazie al clamoroso errore di Hennessey, che al primo tiro in porta dello Stoke si dimostra un portiere dalle dubbie qualità non riuscendo a respingere il calcio di punizione battuto da Huth e deviato da Doyle. A segnare la sconfitta del Wolverhampton ci pensa Crouch, ovviamente di testa, su un ottimo cross di Pennant.
Arrivati ormai in prossimità di Natale, il bilancio della squadra di Pulis è più che positivo, con un ottavo posto in campionato e un doppio incontro tutto da giocare agli ottavi in Europa League contro il Valencia. Considerando il materiale a disposizione, non proprio un pessimo risultato per Pulis. 

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mercoledì 14 dicembre 2011

Player Of The Week: Ricardo Alvarez

Ricardo Gabriel Alvarez, o più semplicemente Ricky, come lo chiamavano gli amici, nacque a Buenos Aires nel 1988. La straordinaria fantasia argentina nello scegliere soprannomi con Alvarez non è andata oltre le gesta sul campo, le fantastiche giocate dell'argentino gli hanno ragionevolmente assicurato l'epiteto di "Maravilla". Ne abbiamo sentito parlare tanto quest'estate, quando era regolarmente al centro delle maggiori trasmissioni di calciomercato in quanto prossimo a calciare i campi della nostra Serie A. Nonostante i più che convinti tentativi dell'Arsenal, opinionisti come Di Marzio ebbero effettivamente ragione: Ricky Alvarez sbarcò in Italia e più precisamente all'Inter. Venire in Italia, per un giovane, si sa, non è mai facile. Venirci dopo che la tua squadra ha staccato un assegno di quasi dieci milioni, è ancora più difficile. E così, l'esperienza italiana di Alvarez è iniziata tra gli scetticismi e le grandi aspettative di coloro che si aspettavano un rendimento fenomenale dal calciatore più pagato dall'Inter nella scorsa sessione di mercato. Lo scarso bottino raccolto in campionato argentino incentivò ulteriormente le malelingue: nel Clausura 2010 sigla una sola rete in 15 presenze con la maglia del Velez. E' naturale che in molti si siano chiesti cosa ci fosse di così prezioso nel ragazzo.
Per struttura fisica ricorda evidentemente El Flaco Pastore, molto alto (188 cm) ma non sufficientemente massiccio da poter considerare il suo fisico una reale forza del suo repertorio. Un fisico che, anzi, lo osteggia nel gioco in velocità, dove chiaramente accusa delle difficoltà. Ma Alvarez è anche questo, così longilineo da apparire macchinoso senza palla, ma straordinariamente elegante quando si muove col pallone tra i piedi. La sua caratteristica principale è indubbiamente legata al suo mancino, tra i più educati in circolazione, ma non eccessivamente ridondante nei suoi sfoggi di talento. Raramente sopra le riga, Alvarez riesce a risultare decisivo senza mai essere scontato ma nemmeno vanesio con evitabili preziosismi. Equilibrato, misurato, nel campo come nella vita, timido, riservato e poco incline alla vita da divo. Taciturno, senza la debita gestualità che i sudamericani proverbialmente abbinano all'atto sportivo. E' questo il pregio ma anche un po' il limite di Ricky Maravilla: la scarsa leadership in un campionato come quello italiano può risultare letale e, nella fattispecie ad Appiano Gentile può complicare la già impervia escalation nelle più che serrate gerarchie nerazzurre. In molti lo paragonano a Kakà, e in effetti per inclinazioni tattiche non sembrerebbe nemmeno troppo campato in aria. Il brasiliano è però più dinamico, più vivace, più eclettico (Alvarez il piede destro lo usa essenzialmente per scendere dal pullman). L'ex Velez è ancora tatticamente da plasmare, ad oggi non ha infatti ancora una precisa identità: poco rapido per giocare sulla sinistra, troppo talentuoso per essere relegato a centrocampo, poco carismatico per sostituire Sneijder da trequartista. Ranieri ultimamente gli ha ricucito un ruolo diverso: sulla destra con ampi spazi entro cui poter operare. Pare essere questa la posizione più adatta per Alvarez che, in questo modo può sfruttare la pericolosità del suo tiro e entrare nel vivo della manovra nerazzurra accentrandosi. Qualche eccellente prestazione non è bastata ad abbindolare del tutto Ranieri che, anzi, conferma la sua particolare idiosincrasia nello schierare calciatori di talento (situazione simile a quella verificatasi con Giovinco a Torino) preferendo invece giocatori più propensi alla sua rigida impostazione di gioco. Per Ricky Maravilla entrare stabilmente nella intelaiatura interista non sarà esattamente una passeggiata. Avrà bisogno di tempo per affermarsi, ma ci farà innamorare, questo è sicuro.
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sabato 10 dicembre 2011

La 125esima candelina sulla torta dei Gunners si chiama Van Persie

Non è stata una giornata come le altre all'Emirates. E non per il match in programma, non sembrava così spettacolare la prospettiva di affrontare l'Everton spaesato e indefinito tanto distante da quella squadra che una volta faceva tremare le grandi, Gunners inclusi. Piuttosto i tifosi del club londinese ricorderanno questo giorno perché oggi l'Arsenal ha festeggiato il compleanno: ben 125 gli anni compiuti dal club del Nord di Londra. Ecco perché a inizio gara è stata concessa la passerella a gente che come Wilson, Court, McLintock, Graham, Nelson e i più recenti Parlour, Lauren, Pires oltre ovviamente ad Henry, è stata parte integrante della memorabile storia del club. Tangibile la viscerale richiesta del calorosissimo pubblico dell'Emirates (oltre 60mila spettatori) di coronare una così importante ricorrenza con una vittoria fondamentale anche per le ultime residue speranze di titolo. A capitanare i Gunners c'era, manco a dirlo, Robin Van Persie, i cui numeri altisonanti raccontano quella che sinora è stata una stagione semplicemente da sogno. Eppure non inizia benissimo il capitano olandese, qualche palla persa e un po' di naturale pressione scaturita dalle ingombranti presenze dei mostri sacri dell'Arsenal, che vedendo il numero 10 destreggiarsi per il campo hanno riconosciuto colui che di fatto ha raccolto la loro eredità e che è l'unico vero timoniere del presente e del futuro della squadra londinese. Probabilmente, guardandolo con un sorriso stentato, Henry avrà pensato che Van Persie non fosse poi così fenomenale come giocatore ma che anzi i campioni avessero ben altra stoffa. O quantomeno questa sarebbe stata una reazione naturale alle giocate stentate e imprecise dei primi 70 minuti del talento nativo di Rotterdam. Sbagliare una partita dopo un così prolifico inizio sarebbe stato assolutamente normale, eppure Robin non ne sembrava molto convinto e anzi, da personaggio molto ambizioso qual è, provava in tutti i modi a farsi valere, stimolato da una sfida troppo affascinante per essere persa: dominare il più impervio dei confronti, quello con la storia. E così, quando il cronometro recitava il 25° minuto del secondo tempo, Koscielny appoggia il pallone a Song, il quale decide di dare l'ennesima prova del più che sopraffino bagaglio tecnico che ha messo su, destinando un pallone al bacio per Van Persie. L'olandese, al vertice sinistro dell'area di rigore, troppo ingolosito dalla prospettiva di accarezzare il pallone col suo magico sinistro, colpisce al volo e pietrifica Howard insaccando sul secondo palo. Un gol assolutamente eccezionale. Un movimento angelico, coordinato alla perfezione da un corpo la cui eccessiva fragilità ha probabilmente privato uno dei talenti più evidenti e spettacolari del nostro calcio di quel tipo di carriera che avrebbe meritato. Ennesimo saggio della sua eleganza, ennesima prova dell'indiscutibile primato che ricopre per talento e nobiltà calcistica. Tutti in piedi all'Emirates, con Henry impegnato in un applauso scrosciante quasi a farsi perdonare per un giudizio che troppo frettolosamente sembrava aver dato. La 125esima candelina sulla torta dei Gunners si chiama Robin Van Persie.
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venerdì 9 dicembre 2011

Quattro

Quattro. Come i pareggi della Samp alla guida di Iachini, come i voti che molti dei nostri per quanto fatto stasera meriterebbero.Nemmeno oggi è arrivata la vittoria, e anzi, solo un'improvvisa dimostrazione di carattere ha costretto la Juve Stabia a un pari, tutto sommato, immeritato. Le vespe hanno, soprattutto nel primo tempo, dominato in lungo e in largo la partita dando prova di quella fluidità, di quella sinergia tra i reparti ma soprattutto di quel lodevole spirito di abnegazione, che tanto servirebbero alla Sampdoria.
I blucerchiati non ci sono, la metamorfosi tanto agognata tarda clamorosamente ad arrivare e, a quanto pare, nemmeno Iachini è riuscito a mutare uno status quo che appare cristallizzato da più di qualche mese. L'ex mister del Brescia pare essere infatti eccessivamente legato alle esigenze tattiche del 4-3-3 ignorando certezze che speravamo fossero già abbastanza chiare: per iniziare Bertani così lontano dalla porta non è di alcuna utilità alla squadra perchè fatica tantissimo ad entrare nel vivo della manovra. E i suoi spunti sporadici nelle poche volte in cui è stato messo in condizione di giocare il tipo di calcio che preferisce, e cioè in posizione frontale rispetto alla porta, dimostrano quanto diverso sia l'apporto che potenzialmente il piemontese è in grado di garantire. Eppure anche oggi, nonostante le opache prestazioni di Reggio e Bari, Iachini ha confermato la sua scelta posizionandolo ad oltre 30 m dalla porta difesa da un ottimo Colombi. Punto n.2: nelle prime apparizioni di Iachini, il buon senso ci aveva suggerito di non criticare la scelta di schierare Dessena dall'inizio, in quanto per il mister era normale prendere in considerazione, in un così complicato periodo, il pedigree e l'esperienza piuttosto che la bravura effettiva sul rettangolo di gioco. Alla quarta panchina, ostinarsi però nel lanciare in campo Dessena s'è rivelato un assoluto abominio. L'emiliano è il vero cancro di questa squadra: protagonista silenzioso del raccapricciante scempio sampdoriano iniziato l'anno scorso che ha tristemente accompagnato i fallimenti sampdoriani senza che nessuno realmente se ne accorgesse e se ne sbarazzasse (tolto Atzori, che almeno qui c'aveva visto benissimo). Gli inadempimenti tattici dell'ex Parma appaiono limpidi: zero pressing, corsa a vuoto e ovviamente una quantità astronomica di palle perse. Resta da capire quello che Iachini vede in lui ma soprattutto il motivo per cui venga preferito al più giovane e forte Obiang, il quale è sicuramente poco adeguato per caratteristiche a comporre il terzetto di centrocampo ma resta, in virtù di un repertorio enormemente superiore, preferibile a Dessena. Aldilà della sua prestazione è l'intero meccanismo nevralgico che preoccupa e non poco. Del tutto inconsistente, il centrocampo sembra mancare di un uomo di personalità e bravura tecnica capace di ricevere e smistare palloni lubrificando la fase offensiva. No, Palombo non è quel tipo di giocatore: ormai anche a livello di cuore e personalità sembra del tutto passivo. A livello difensivo, la linea verde proposta (anche per necessità: mancava Gastaldello e per fortuna Accardi è rimasto a sedere) desta qualche perplessità: Rossini e Volta sono troppo irruenti ed inesperti per giocare fianco a fianco. Lo svizzero in realtà, tolto qualche errore, si è comportato egregiamente confermando i progressi di Reggio Calabria: buoni i mezzi tecnici oltre che i movimenti e i posizionamenti difensivi. Non si potrebbe dire lo stesso di Volta per il quale l'involuzione degli ultimi mesi assume proporzioni sempre più ampie. Costa e Rispoli troppo confusionari e di nessuno aiuto a Foggia che, come al solito ha predicato nel deserto, e Bertani. Ricapitolando, non c'è stata quella reazione proclamata alla vigilia. Solo il gol nel finale di Pozzi e qualche fischio sospetto dell'arbitro Baracani che ha ingiustamente privato la Juve Stabia di almeno un rigore, permette alla Sampdoria di uscire imbattuta da Marassi. Dietro al misero punto guadagnato in classifica si cela in realtà l'ennesima prestazione desolante che richiederebbe cambiamenti immediati di rotta. Ma, ormai, ci siamo anche stancati di dirlo.

Potete leggerlo anche su Sampbook: http://www.sampbook.com/blog/09/12/2011/quattro/
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Brandon Roy si è ritirato!

Il blog ha notoriamente un format limitato al calcio ma è sconvolgente la news che rimbalza dagli States, e ho pensato di scriverne qualche riga. L'NBA perde uno dei suoi migliori talenti: Brandon Roy, a soli 27 anni, logorato dai continui infortuni, ha deciso di smettere. Straordinariamente talentuoso e decisivo ma anche perseguitato dalla sfortuna, avrebbe potuto avere ben altra carriera.
Ecco quanto si legge da nba-evolution.com:


Il giocatore ha annunciato che per problemi fisici smetterà l’attività agonistica dopo 5 stagioni nei Trail Blazers.

Brutta notizia quella che la ESPN ha riportato qualche minuto fa, pare infatti che Brandon Roy (27 anni) abbia preso seriamente la decisione di ritirarsi dalla pallacanestro, la motivazione che sta spingendo il leader dei Blazers è assolutamente di natura fisica, infatti le sue ginocchia non sono migliorate. Ecco perché non fu applicata l’amnistia.

B-Roy è stato scelto al primo round del Draft 2006 con la 6^ scelta assoluta dai Minnesota Timberwolves, che poi lo hanno girato ai Blazers; nel suo anno da rookie viaggiò a 16.8 punti, 4.8 rimbalzi e 4.0 assist, cifre con le quali si aggiudicò il trofeo di “Rookie of The Year”.

Il suo career-high fu di 52 punti realizzato il 18/12/2008 contro i Phoenix Suns.

In quest’ultima stagione Brandon ha solo disputato 47 partite (12.2 punti) ma è riuscito a lasciare il suo segno nei Playoffs quando guidò la rimonta dei Blazers contro i Mavericks in Gara4 del primo round, segnando 18 dei suoi 24 punti nell’ultimo quarto, per chi non se lo ricordasse





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lunedì 5 dicembre 2011

Amnesie

Le gerarchie del post-Calciopoli, per anni apparse cristallizzate e immodificabili se non dopo un lungo e tortuoso processo, iniziano clamorosamente a scricchiolare. Mai l'Inter dal 2006 era partita così male, così come mai la Juventus aveva avuto un così buono impatto al campionato (primi e imbattuti, non accadeva addirittura da 61 anni). E' evidente che quest'improvvisa mutazione dello status quo abbia alterato e non poco gli animi dei diretti interessati ma in generale tutto l'infervorato mondo del calcio italiano. A farne le spese sono in particolare i tifosi dell'Inter e tutti i detrattori della Juventus, un così brusco cambiamento li ha infatti resi particolarmente vulnerabili emotivamente e ha spianato loro la strada del delirio. Quello che sta accadendo a Milano ci mostra ancora una volta quanto scarsa sia la nostra cultura sportiva e quanto arduo sia adempiere al meglio all'insano mestiere del tifoso, tanto più per le immacolate ed ovattate realtà delle cosiddette "big". Il grande successo raccolto negli ultimi anni non sembra aver soddisfatto l'appetito dei tifosi nerazzurri, che anzi, pretendono risultati e spettacolo anche in un'annata viziata dal tormentoso problema del ricambio generazionale che ha significativamente svilito il potenziale a disposizione di Gasperini prima e di Ranieri poi. Con la cessione d'Eto'o, giusta o meno bisogna pur rispondere alle esigenze del bilancio anche in virtù del FFP (Financial Fair Play) e dell'oneroso progetto del nuovo stadio partorito da Moratti, si è chiuso quel ciclo che tante gioie e successi aveva arrecato ai tifosi interisti. Fondarne un altro e strutturarlo su misura del precedente non è il più semplice dei compiti e  richiede più di qualche giorno. La morbosa brama dei tifosi interisti non s'è placata nemmeno dinnanzi all'evidenza, e anzi ha generato sterili quanto immotivate critiche. Un esempio. A Pazzini è bastato scivolare sul dischetto del rigore e quindi spedire il pallone in curva per beccarsi critiche e attributi innominabili dai propri tifosi. Si è detto di tutto: non è abbastanza per l'Inter, Può giocare solo alla Sampdoria. E le altre classiche frasi fatte da bar a cui troppo spesso siamo abituati. Basterebbe anche solo sfogliare l'album dei ricordi per ricordare quale sia in realtà il valore di Pazzini e quanto importante sia stato il suo innesto per la squadra nerazzurra. Il gol al Lecce, quello al Bari, quello al Lille, e tanti altri ancora: gli interisti sembrano aver dimenticato tutto ciò. E inoltre la rete pullula di documenti multimediali in grado di dimostrare che anche in un periodo di difficoltà e anche dopo un così decisivo errore Pazzini resti di gran lunga il più grande attaccante attualmente presente in Italia. Nessuno ha quel senso del gol, nessuno gli è neanche lontanamente vicino per intelligenza tattica e intuito (caratteristiche fondamentali, Superpippo docet, per un attaccante), nessuno ha i suoi colpi balistici. In molti l'hanno dimenticato.
Quanto alla Juve, i successi della vecchia signora hanno rievocato insinuazioni, accuse e sfottò vari. Non desidero affatto pormi da paladino della Juventus, assolutamente. Però l'uso dei triti e ritriti epiteti di ladri e imbroglioni è onestamente inspiegabile e anzi dovrebbe soddisfare i tifosi juventini, che in questo modo acquisiscono la consapevolezza di esser tornati a rappresentare un vero e proprio spauracchio per il resto dell'Italia. Sul web impazzano moviole e foto sulle posizioni dei giocatori in occasione del rigore (inspiegabilmente concesso si, ma è chiaro che la Juventus avrebbe vinto comunque) trasformato da Vidal quasi a voler sottolineare che la situazione presentatasi sia stata la stessa di Napoli-Juve. Ovviamente nessuno ha pensato che la norma sui rigori, così come molte altre, si presta a diverse interpretazioni e non è pienamente considerata da tutti: quante volte un rigore andrebbe ripetuto? Tante. Quante volte lo si ripete effettivamente? Poche. E l'utilizzo e la considerazione di certe norme (spesso ignorate) rappresenta parte del confine che divide l'arbitro mediocre da quello discreto. Tagliavento fa chiaramente parte della seconda categoria, è di questo che si lamentano i napoletani?

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giovedì 1 dicembre 2011

Player Of The Week: Federico Macheda

Beh, a dire il vero in questo caso più che di "player" sarebbe meglio parlare di "Bluff of the Week". Ne converrà Alex Ferguson che, ammaliato dal celebre gol di qualche anno fa (contro l'Aston Villa) con il quale Federico Macheda aveva praticamente inciso la fatidica parola "fine" sulla Premier del 2009, aveva profetizzato un futuro più che radioso per il 20enne. A distanza di qualche anno, appare molto più probabile che invece l'ex Lazio debba rassegnarsi a palcoscenici molto più modesti di quelli che così precocemente ha vissuto e sta, tutt'ora, vivendo. Le criptiche affermazioni di Ferguson avevano convinto persino Garrone, il quale, aveva individuato il sostituto di Antonio Cassano proprio nel promettente Macheda, un acquisto dopo il quale, almeno a quanto disse, l'entusiasmo è aumentato di 20 volte. Non andò esattamente come sperava il patron genovese: il bel gol siglato contro l'Udinese all'esordio fu l'unico per Macheda e per i blucerchiati fu Serie B. La parentesi blucerchiata di Macheda ha del raccapricciante: la strafottenza del poco più che esordiente centravanti unita a un'alterigia assolutamente sproporzionata rispetto al suo valore effettivo lo rese un personaggio addirittura più odiato del cadavere Maccarone per i tifosi blucerchiati. Per lui, giocare nella Sampdoria non era che una passerella per ostentare a tifose e fan varie il suo look squisitamente metrosessuale.  A completare un cocktail fortemente istigante all'odio eterno sono state le clamorose dichiarazioni estive del soggetto in questione: "E' stata durissima, non ho avuto molte occasioni (sono state anche troppe!) e la squadra ha perso la serie A. Non sono nemmeno riuscito ad uscire di casa in quei sei mesi (come ti compatiamo!) perchè c'era sempre la possibilità di venire alle mani con i tifosi della Samp, erano furiosi con me, non era la situazione migliore. Non è come allo United, in Italia i tifosi possono essere un po' pazzi quando le cose non vanno bene". Aldilà delle gratuite insinuazioni sulla violenza del popolo doriano che, per quanto viscerale, ha sempre mostrato una netta idiosincrasia verso ogni tipo di atto violento, a differenza di molte altre culture calcistiche italiane, è simpatico constatare l'ultima affermazione con cui si pone quasi da ambasciatore dei costumi italiani in Inghilterra cercando di salvare la reputazione perlomeno lì. Reputazione che pare però aver irrimediabilmente segnato anche in Inghilterra, dopo il match di ieri sera di Carling Cup contro il Crystal Palace di Freedman che ne approfitta per segnare una vittoria che ha del memorabile. L'occasione concessagli da Ferguson, una sorta di extrema ratio dopo la problematica esperienza blucerchiata ma anche il suo non esaltante inizio di stagione, viene naturalmente sprecata da Macheda. Non vi lasciate influenzare dal rigoretto messo a segno: in realtà la performance di Macheda è stata incredibilmente scialba, naturale credere che la sua carriera a Manchester possa ritenersi ormai compromessa.
Questo pesante j'accuse non può che chiudersi con un affettuoso, quasi paterno, consiglio per Macheda: parlare meno, pettinarsi ancor meno e lavorare tanto. Dev'essere questo il mantra del centravanti romano per provare a dare una svolta alla sua carriera. E per non rievocare nelle memorie dei tifosi inglesi le tristi vicissitudini dell'ei fu Francis Jeffers, la tanto discussa e tanto amata punta dell'Arsenal che non sbocciò mai. Adesso è finito addirittura a giocare in Australia, ed è inquietante vedere che Macheda gli somigli sempre di più.