Stigmatizzare l'assurdo comportamento dei tifosi genoani è il minimo, anche perché gli stessi tifosi sampdoriani, a differenza della maggior parte della fazione che adesso critica aspramente i rossoblù, hanno vissuto sulla propria pelle il significato di una retrocessione improvvisa e inaspettata e sanno bene cosa possa frullare nei cervelli dei delusi supporters rossoblù. Non è tutto: l'hanno fatto con un aplomb e un'integrità morale, rarissimi per la storia culturalmente insoddisfacente del calcio italiano, oggi ulteriormente infangata dagli avvenimenti del Ferraris. Proteste si, manifestazioni anche (seppur nessuna a livello corale) ma mai sforando i limiti della legalità e della convivenza civile, se non in occasione del battibecco con Cavasin, che comunque rappresenta un assoluto unicum nella storia della scorsa annata blucerchiata. Insomma, il pubblico blucerchiato ha saputo subire l'esagerata violenza con cui il destino gli si era scagliato contro, oltre ovviamente agli eccessivi sfottò dei tifosi genoani, senza troppi problemi e anzi cingendosi dietro l'amore e la passione per la storia, il blasone e i colori della Sampdoria, come testimoniato dallo splendido epilogo coreografico fatto di cori e sciarpate della scorsa annata. Basti questo a chiudere la bocca di chi già pregusta accuse da muovere all'intera popolazione genovese, che nonostante tutto resta uno degli esempi culturalmente e moralmente più candidi del triste proscenio italiano.
L'orgoglio allora cresce, s'infittisce; nasce la consapevolezza di esser sempre più maestosamente unici nel panorama nazionale, perché essere sampdoriani, nonostante tutto, è un onore.
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