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giovedì 29 dicembre 2011
Player Of The Week: Adel Taarabt
La partita di qualche giorno fa a Liberty Stadium contro lo Swansea rischia di essere una delle ultime apparizioni di Taarabt con i SuperHoops. Beffardo, il destino: solo un anno fa, contro la stessa squadra, Taarabt si presentò ufficialmente al mondo del calcio come uno dei talenti più cristallini e promettenti. Fu essenzialmente lui il responsabile della clamorosa disfatta subìta in quell'occasione dagli Swans: un 4-0 condito da un gol assolutamente fenomenale che solo un così poetico genio calcistico avrebbe potuto partorire. L'uno-due con Orr, che gli restituisce un pallone che poteva benissimo essere destinato alla bandierina, nel nome di quella che è una prassi piuttosto consolidata per far scorrere secondi sul cronometro. Mancava poco in effetti, ma per Taarabt c'era ancora tempo per stupire e deliziare il già entusiasta pubblico del Loftus Road. Decide allora di umiliare il talentuoso Allen (che, a proposito, è tra i più interessanti prospetti del panorama calcistico britannico) con un tunnel e spedire con un destro a giro un pallone che va a togliere le ragnatele sul secondo palo e a scrivere un capitolo, forse il più bello, della storia sua e del QPR. Una giocata che sintetizza brevemente la sua nomenclatura calcistica: leziosa, spettacolare, funambolica ma sempre volta alla decisa ricerca della rete, come racconta il bottino della sua ultima stagione, che consta di 19 gol oltre a un numero astronomico di assist. E' passato molto da allora, la partita del Liberty Stadium di qualche giorno fa l'ha visto partire titolare per la prima volta dopo più di un mese. Non ha giocato male ma non ha nemmeno sfoderato i colpi tipici del suo immenso repertorio, limitandosi a una gara intelligente ma non degna del suo talento che comunque però ha condotto il QPR verso un prezioso pareggio. E' chiaro che qualcosa non va: gli scintillanti dribbling dell'anno scorso restano un ricordo sbiadito nelle menti dei tifosi e a preoccupare è il suo approccio tecnico-tattico alla Premier League oltre alle annose questioni comportamentali che, troppe volte, l'hanno costretto alla panchina, o peggio alla tribuna, o peggio ancora a casa. Una serie infinita di proclami, bambinate e capricci che l'ha allontanato sempre più da Londra. E sia lui che Warnock raccontano di quanto sia insostenibile l'aria per lui nello spogliatoio dei Rangers, le cui chiavi sono ormai saldamente tra le mani di Barton, il ragazzaccio di Liverpool con cui Adel proprio non riesce ad andare d'accordo. Un'alchimia compromessa ormai con i compagni che una volta l'amavano e stimavano ma anche con i tifosi, ormai spazientiti dall'insaziabile ambizione del marocchino, più volte sbandierata nelle sue esternazioni, in cui afferma di voler trovare una destinazione che lo soddisfi di più finanziariamente e calcisticamente. E' almeno dall'estate scorsa che la casacca bianco-blu inizia ad andargli stretta, ma le paternali di Warnock, suo allenatore e mentore, e l'inconsistenza dell'interesse del PSG alla fine hanno fatto sì che il talentuoso numero 7 restasse a Londra. Ma già da allora, quella così romantica e spensierata storia sembrava giunta ormai al capolinea. Adesso, a distanza di pochi mesi, complice anche il pessimo rendimento avuto sinora da Taarabt, le squadre interessate al suo acquisto diminuiscono vertiginosamente e sembra ancora più difficile rintracciare una soluzione che soddisfi le aspettative economiche sue e di Tony Fernandez, il ricco proprietario malesiano, che in realtà sarebbe disposto anche a un sostanzioso sconto sul prezzo per porre fine a una questione che ha fin troppo tormentato la stagione del QPR. Costerebbe non più di 8-9 milioni la prospettiva di avere in squadra un ragazzo sicuramente problematico da gestire ma talentuoso come pochissimi. Un giocatore da educare tatticamente ma più che altro da spronare: il suo vero limite resta la discontinuità, ma in realtà anche nelle giornate meno felici riesce a risultare decisivo con pochi tocchi mirati. Gli esperti di calciomercato continuano a scommettere sul PSG ma danno anche il Napoli come pretendente all'acquisto del nordafricano. I tifosi partenopei dimentichino però l'idea di prenderlo per avere in squadra il vice-Lavezzi o il vice-Hamsik: trovare una panchina più comoda non è la reale impellenza di Taarabt. Il marocchino gioca per sentirsi amato, idolatrato, protagonista assoluto della squadra per cui è in campo. Adel Taarabt, campione viziato, montato, imbaldanzito ma straordinariamente sublime. Ed è, soprattutto di questi tempi, la cosa più importante.
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lunedì 26 dicembre 2011
Eroi per un giorno
David Stockdale, oggi impenetrabile |
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sabato 24 dicembre 2011
Boxing Day- il calcio non si ferma
Nostalgia del calcio? Don't panic, gli inglesi hanno pensato anche a questo. L'attività calcistica britannica non si fermerà ma anzi s'intensificherà ulteriormente con serie di match incredibilmente ravvicinate. A quel proposto tipico dell'essenza del Natale, di rivalutare pietre miliari come l'amore, la famiglia, il focolare domestico, in Inghilterra è unita l'insaziabile brama di football, un valore che per gli inglesi segue la scia di quelli prima citati. E' quindi proprio durante il periodo natalizio che è possibile cogliere appieno la magia e la tradizione del football britannico, per quanto i petroldollari cerchino in tutti i modi di svilirle. Il cardine del fitto ciclo natalizio del calcio britannico, sia a livello passionale che per una questione di mera ricchezza del palinsesto, è inevitabilmente il Boxing Day, giorno in cui oltre a scartare i regali si è soliti, in nome di una tradizione secolare, guardare partite di calcio.
Il 26, di fatto, scenderanno in campo tutti i campionati britannici e la Premier League per l'occasione offrirà ben 7 match, con tanto di posticipo serale. Si parte da Stamford Bridge, con Chelsea-Fulham, si procederà con match non particolarmente spettacolari sulla carta (Liverpool-Blackburn, WBA-Man City e Man Utd-Wigan hanno tutta l'aria di essere partite già decise) fino all'incontro serale tra Stoke City e Aston Villa. Partite potenzialmente divertenti in realtà ci sono e sono essenzialmente due, prive però di copertura televisiva in Italia, riservata unicamente agli "esaltanti" match di Liverpool, Man Utd, Man City e Chelsea. Ma non c'è da disperarsi: saranno facilmente rintracciabili in streaming. Eccole:
SUNDERLAND-EVERTON- Il buono stato di forma mostrato dalle due squadre nelle ultime uscite sembra essere indice di una partita ricca di gol e spettacolo. Il Sunderland è parso rinsavito dopo l'avvicendamento di Martin O'Neill sulla panchina dei Black Cats: due vittorie e una partita persa col Tottenham che fa poco testo: White Hart Lane per come stanno giocando Bale e compagni è diventato qualcosa di molto simile a una fortezza. In particolare, la rocambolesca vittoria a Loftus Road offre spunti molto confortanti a O'Neill per la tenuta psicologica prima ancora che fisica e tecnica della squadra. I Toffees, invece, aspettando Donovan che sbarcherà a Liverpool il 4 gennaio, hanno trovato parzialmente il sorriso dopo il risicato successo sullo Swansea. Moyes sembra aver riottenuto la fluidità tipica del sistema di gioco che ha impiantato nel team della Merseyside, ma deve fare ancora i conti con i problemi relativi al suo attacco: l'Everton con solo 17 reti all'attivo ha il terzo peggior attacco della Premier. Nel dato ha una forte influenza l'evidente assenza di un centravanti prolifico, un problema con cui Moyes è costretto a convivere da tanto, troppo tempo. La rapidità e l'efficacia nel contropiede di giocatori come Coleman e Drenthe rende comunque la compagine diretta dal manager scozzese un osso duro anche in trasferta.
BOLTON-NEWCASTLE- Al Reebok Stadium va di scena l'affascinante incrocio tra la grande delusione e la grande sorpresa di quest'inizio di stagione: il Bolton e il Newcastle. Lo stato di forma dei due club è paradossalmente diverso dalle aspettative di qualche settimana fa: la vittoria a Blackburn ha dato un minimo di fiducia a Coyle mentre il giocattolo di Pardew inizia a scricchiolare dopo qualche sconfitta di troppo. Il successo a Ewood Park ha ridato speranza ai Wanderers, le cui possibilità di salvezza son ben lungi dall'essere compromesse. Per il Bolton restano evidenti le lacune offensive con Klasnic ma soprattutto N'Gog che stanno clamorosamente deludendo le aspettative. A Newcastle prende invece sempre più piede la convinzione corale che l'unico elemento degno del piazzamento attuale della squadra sia Demba Ba, la cui vena realizzativa non accenna a placarsi. Il Reebok Stadium potrà essere il teatro ideale per i Magpies per provare ad invertire il trend e a tornare a vincere. Il match, qualunque sia l'esito, sarà un'importante cartina al tornasole per appurare le effettive possibilità di Bolton e Newcastle di raggiungere i propri obiettivi, rispettivamente salvezza e piazzamento europeo. Lo spettacolo è assicurato.
Insomma, chi cercava una valida alternativa alla noia da facebook e divano è accontentato.
Il 26, di fatto, scenderanno in campo tutti i campionati britannici e la Premier League per l'occasione offrirà ben 7 match, con tanto di posticipo serale. Si parte da Stamford Bridge, con Chelsea-Fulham, si procederà con match non particolarmente spettacolari sulla carta (Liverpool-Blackburn, WBA-Man City e Man Utd-Wigan hanno tutta l'aria di essere partite già decise) fino all'incontro serale tra Stoke City e Aston Villa. Partite potenzialmente divertenti in realtà ci sono e sono essenzialmente due, prive però di copertura televisiva in Italia, riservata unicamente agli "esaltanti" match di Liverpool, Man Utd, Man City e Chelsea. Ma non c'è da disperarsi: saranno facilmente rintracciabili in streaming. Eccole:
SUNDERLAND-EVERTON- Il buono stato di forma mostrato dalle due squadre nelle ultime uscite sembra essere indice di una partita ricca di gol e spettacolo. Il Sunderland è parso rinsavito dopo l'avvicendamento di Martin O'Neill sulla panchina dei Black Cats: due vittorie e una partita persa col Tottenham che fa poco testo: White Hart Lane per come stanno giocando Bale e compagni è diventato qualcosa di molto simile a una fortezza. In particolare, la rocambolesca vittoria a Loftus Road offre spunti molto confortanti a O'Neill per la tenuta psicologica prima ancora che fisica e tecnica della squadra. I Toffees, invece, aspettando Donovan che sbarcherà a Liverpool il 4 gennaio, hanno trovato parzialmente il sorriso dopo il risicato successo sullo Swansea. Moyes sembra aver riottenuto la fluidità tipica del sistema di gioco che ha impiantato nel team della Merseyside, ma deve fare ancora i conti con i problemi relativi al suo attacco: l'Everton con solo 17 reti all'attivo ha il terzo peggior attacco della Premier. Nel dato ha una forte influenza l'evidente assenza di un centravanti prolifico, un problema con cui Moyes è costretto a convivere da tanto, troppo tempo. La rapidità e l'efficacia nel contropiede di giocatori come Coleman e Drenthe rende comunque la compagine diretta dal manager scozzese un osso duro anche in trasferta.
BOLTON-NEWCASTLE- Al Reebok Stadium va di scena l'affascinante incrocio tra la grande delusione e la grande sorpresa di quest'inizio di stagione: il Bolton e il Newcastle. Lo stato di forma dei due club è paradossalmente diverso dalle aspettative di qualche settimana fa: la vittoria a Blackburn ha dato un minimo di fiducia a Coyle mentre il giocattolo di Pardew inizia a scricchiolare dopo qualche sconfitta di troppo. Il successo a Ewood Park ha ridato speranza ai Wanderers, le cui possibilità di salvezza son ben lungi dall'essere compromesse. Per il Bolton restano evidenti le lacune offensive con Klasnic ma soprattutto N'Gog che stanno clamorosamente deludendo le aspettative. A Newcastle prende invece sempre più piede la convinzione corale che l'unico elemento degno del piazzamento attuale della squadra sia Demba Ba, la cui vena realizzativa non accenna a placarsi. Il Reebok Stadium potrà essere il teatro ideale per i Magpies per provare ad invertire il trend e a tornare a vincere. Il match, qualunque sia l'esito, sarà un'importante cartina al tornasole per appurare le effettive possibilità di Bolton e Newcastle di raggiungere i propri obiettivi, rispettivamente salvezza e piazzamento europeo. Lo spettacolo è assicurato.
Insomma, chi cercava una valida alternativa alla noia da facebook e divano è accontentato.
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mercoledì 21 dicembre 2011
Tanti gol sotto l'albero
Si è giocato anche in Premier League, in quello che è stato un mercoledì sera assolutamente appagante in quanto a spettacolo. City e United vincono senza troppi problemi contro Stoke e Fulham, mentre l'Arsenal espugna Villa Park grazie a un gol di Benayoun. Tempi duri per il Newcastle di Pardew, che perde in casa dal West Bromwich, che si conferma squadra estremamente temibile in trasferta. Altrettanto difficile è la situazione del QPR, che esce sconfitto da Loftus Road contro il Sunderland: ora Warnock inizia davvero a vacillare. Dopo il doppio vantaggio accumulato dai Black Cats, le cose sembravano essersi messe bene per Warnock quando i Rangers avevano trovato il pareggio segnando prima con Helguson e poi con Mackie. E' un gol incredibilmente fortuito di Wes Brown, che non segnava da 3 anni, a garantire altri 3 punti per Martin O'Neil, il cui impatto sulla panchina una volta occupata da Bruce è stato fin ora sorprendentemente prolifico.
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lunedì 19 dicembre 2011
Finirà?
E’ inevitabilmente questa la domanda che frulla nel cervello di molti doriani: finirà prima o poi questo scempio? Di certo oggi non si è avuto quel cambio di rotta che così segretamente abbiamo coltivato in questi giorni, quasi con pudore nell’esternarlo ben consapevoli che vincere a Pescara sarebbe stato pressochè impossibile. E in effetti i valori espressi in campo oggi hanno confermato tutti e 10 i punti che dividono queste due squadre: non solo a livello di organizzazione, caratteristica particolarmente brillante dello scacchiere di Zeman, ma anche come materiale tecnico a disposizione, la società abruzzese è parsa notevolmente superiore. Più sguscianti, creativi e concreti, gli uomini di Zeman hanno letteralmente dominato una squadra tutt’ora priva di una chiara identità tattica sfruttando gli evidenti, quasi cronici (ormai), limiti dei blucerchiati nell’orchestrare una trama offensiva ma già addirittura nell’inanellare due passaggi di fila. In questa circostanza le colpe del centrocampo sono, come sempre, evidentissime: Dessena, nonostante un paio di tackle stranamente vincenti, è stato ripugnante così come Soriano non ha saputo essere sufficientemente incisivo nelle due fasi. Anche oggi il reparto nevralgico doriano denotava una stucchevole inabilità nell’avere l’esatta tempistica negli interventi che siano difensivi o offensivi, che di fatto ha sterilizzato ogni tentativo di contrapposizione al solido e fluido sistema del Pescara . Dopo 5 partite e altrettante settimane non si colgono ancora i frutti del lavoro di Iachini, i problemi da risolvere restano gli stessi da più di un anno. E fin ora non sembra che le sue scelte abbiano migliorato la situazione, tutt’altro: l’aver relegato il nostro più temibile attaccante, Bertani, a oltre 40 metri dalla porta, sulla fascia ad attendere palloni che solitamente giungono imprecisi o irraggiungibili, imbriglia ulteriormente la manovra offensiva. Idem per Foggia, troppo importante per questa squadra e troppo valido tecnicamente per limitarsi al diligente compitino da esterno: questo giocatore ha i mezzi tecnici e psicologici per prendersi delle responsabilità, anche in un contesto così complicato, e l’ha dimostrato nel finale, quando tutte le flebili speranze di rimonta passavano per i suoi piedi.
Timido, quasi impacciato, il nostro capitano, sempre più lontano da quel giocatore che ci aveva condotto fieramente ai preliminari di Champions non più di due anni fa, ha fallito anche quella che sembrava l’ultima chiamata per lui. Triste pensare che una storia così ricca di emozioni e soddisfazioni possa realmente chiudersi con la sostituzione con Obiang, con cui il capitano era frettolosamente uscito dal campo e probabilmente da quella dimensione da cui forse pensava di non uscire più, quella blucerchiata. Rinnegarlo in maniera così netta e violenta è sicuramente irriconoscente verso la figura che ha scritto gli ultimi 10 anni di storia blucerchiata, allo stesso tempo però cederlo e quindi resettare del tutto il fatiscente sistema tecnico-tattico instauratosi l’anno scorso è probabilmente l’unico tentativo che ci resta per rischiarare i nostri orizzonti. Immolare Palombo per rimediare a tutta la serie di goffi e sciagurati errori di cui è stata protagonista la nostra società è forse l’unica soluzione per salvarci da un baratro economico oltre che morale e sportivo. Inutile ribadire la conditio sine qua non a cui ragionevolmente deve essere legata l’eventuale cessione di Palombo: operazioni lucide ed economicamente sostanziose che inseriscano in questo organico almeno un regista (il Verratti visto oggi sarebbe una degna soluzione), un centravanti e un paio di terzini. Solo questo modus operandi potrebbe indorare una pillola amara quanto tristemente necessaria, quella della fine di una parte della storia blucerchiata. Una parte che difficilmente dimenticheremo.
Potete leggerlo anche su Sampbook: http://www.sampbook.com/blog/19/12/2011/finira/
Timido, quasi impacciato, il nostro capitano, sempre più lontano da quel giocatore che ci aveva condotto fieramente ai preliminari di Champions non più di due anni fa, ha fallito anche quella che sembrava l’ultima chiamata per lui. Triste pensare che una storia così ricca di emozioni e soddisfazioni possa realmente chiudersi con la sostituzione con Obiang, con cui il capitano era frettolosamente uscito dal campo e probabilmente da quella dimensione da cui forse pensava di non uscire più, quella blucerchiata. Rinnegarlo in maniera così netta e violenta è sicuramente irriconoscente verso la figura che ha scritto gli ultimi 10 anni di storia blucerchiata, allo stesso tempo però cederlo e quindi resettare del tutto il fatiscente sistema tecnico-tattico instauratosi l’anno scorso è probabilmente l’unico tentativo che ci resta per rischiarare i nostri orizzonti. Immolare Palombo per rimediare a tutta la serie di goffi e sciagurati errori di cui è stata protagonista la nostra società è forse l’unica soluzione per salvarci da un baratro economico oltre che morale e sportivo. Inutile ribadire la conditio sine qua non a cui ragionevolmente deve essere legata l’eventuale cessione di Palombo: operazioni lucide ed economicamente sostanziose che inseriscano in questo organico almeno un regista (il Verratti visto oggi sarebbe una degna soluzione), un centravanti e un paio di terzini. Solo questo modus operandi potrebbe indorare una pillola amara quanto tristemente necessaria, quella della fine di una parte della storia blucerchiata. Una parte che difficilmente dimenticheremo.
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sabato 17 dicembre 2011
Insoliti protagonisti
Jordan Rhodes, protagonista della giornata |
Nelle zone basse della classifica le sconfitte di Blackburn e Bolton rischiano di essere particolarmente deleterie per i rispettivi cammini in campionato. La squadra di Kean (ma quando lo cacciano?) perdendo 1-2 in casa dai Baggies di Hodgson resta penultima in classifica, mentre il Bolton colleziona l'ennesima sconfitta perdendo anche a Craven Cottage: Coyle adesso rischia seriamente per la sua panchina. Non rischia affatto invece Tony Pulis, che anzi meriterebbe un monumento dalle parti del Britannia Stadium. La straordinaria squadra che ha messo su con rara sapienza tattica e maestria nello scegliere i giusti interpreti, si conferma temibilissima anche in trasferta. Al Molineux trionfano i Potters anche grazie al clamoroso errore di Hennessey, che al primo tiro in porta dello Stoke si dimostra un portiere dalle dubbie qualità non riuscendo a respingere il calcio di punizione battuto da Huth e deviato da Doyle. A segnare la sconfitta del Wolverhampton ci pensa Crouch, ovviamente di testa, su un ottimo cross di Pennant.
Arrivati ormai in prossimità di Natale, il bilancio della squadra di Pulis è più che positivo, con un ottavo posto in campionato e un doppio incontro tutto da giocare agli ottavi in Europa League contro il Valencia. Considerando il materiale a disposizione, non proprio un pessimo risultato per Pulis.
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mercoledì 14 dicembre 2011
Player Of The Week: Ricardo Alvarez
Per struttura fisica ricorda evidentemente El Flaco Pastore, molto alto (188 cm) ma non sufficientemente massiccio da poter considerare il suo fisico una reale forza del suo repertorio. Un fisico che, anzi, lo osteggia nel gioco in velocità, dove chiaramente accusa delle difficoltà. Ma Alvarez è anche questo, così longilineo da apparire macchinoso senza palla, ma straordinariamente elegante quando si muove col pallone tra i piedi. La sua caratteristica principale è indubbiamente legata al suo mancino, tra i più educati in circolazione, ma non eccessivamente ridondante nei suoi sfoggi di talento. Raramente sopra le riga, Alvarez riesce a risultare decisivo senza mai essere scontato ma nemmeno vanesio con evitabili preziosismi. Equilibrato, misurato, nel campo come nella vita, timido, riservato e poco incline alla vita da divo. Taciturno, senza la debita gestualità che i sudamericani proverbialmente abbinano all'atto sportivo. E' questo il pregio ma anche un po' il limite di Ricky Maravilla: la scarsa leadership in un campionato come quello italiano può risultare letale e, nella fattispecie ad Appiano Gentile può complicare la già impervia escalation nelle più che serrate gerarchie nerazzurre. In molti lo paragonano a Kakà, e in effetti per inclinazioni tattiche non sembrerebbe nemmeno troppo campato in aria. Il brasiliano è però più dinamico, più vivace, più eclettico (Alvarez il piede destro lo usa essenzialmente per scendere dal pullman). L'ex Velez è ancora tatticamente da plasmare, ad oggi non ha infatti ancora una precisa identità: poco rapido per giocare sulla sinistra, troppo talentuoso per essere relegato a centrocampo, poco carismatico per sostituire Sneijder da trequartista. Ranieri ultimamente gli ha ricucito un ruolo diverso: sulla destra con ampi spazi entro cui poter operare. Pare essere questa la posizione più adatta per Alvarez che, in questo modo può sfruttare la pericolosità del suo tiro e entrare nel vivo della manovra nerazzurra accentrandosi. Qualche eccellente prestazione non è bastata ad abbindolare del tutto Ranieri che, anzi, conferma la sua particolare idiosincrasia nello schierare calciatori di talento (situazione simile a quella verificatasi con Giovinco a Torino) preferendo invece giocatori più propensi alla sua rigida impostazione di gioco. Per Ricky Maravilla entrare stabilmente nella intelaiatura interista non sarà esattamente una passeggiata. Avrà bisogno di tempo per affermarsi, ma ci farà innamorare, questo è sicuro.
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sabato 10 dicembre 2011
La 125esima candelina sulla torta dei Gunners si chiama Van Persie
Non è stata una giornata come le altre all'Emirates. E non per il match in programma, non sembrava così spettacolare la prospettiva di affrontare l'Everton spaesato e indefinito tanto distante da quella squadra che una volta faceva tremare le grandi, Gunners inclusi. Piuttosto i tifosi del club londinese ricorderanno questo giorno perché oggi l'Arsenal ha festeggiato il compleanno: ben 125 gli anni compiuti dal club del Nord di Londra. Ecco perché a inizio gara è stata concessa la passerella a gente che come Wilson, Court, McLintock, Graham, Nelson e i più recenti Parlour, Lauren, Pires oltre ovviamente ad Henry, è stata parte integrante della memorabile storia del club. Tangibile la viscerale richiesta del calorosissimo pubblico dell'Emirates (oltre 60mila spettatori) di coronare una così importante ricorrenza con una vittoria fondamentale anche per le ultime residue speranze di titolo. A capitanare i Gunners c'era, manco a dirlo, Robin Van Persie, i cui numeri altisonanti raccontano quella che sinora è stata una stagione semplicemente da sogno. Eppure non inizia benissimo il capitano olandese, qualche palla persa e un po' di naturale pressione scaturita dalle ingombranti presenze dei mostri sacri dell'Arsenal, che vedendo il numero 10 destreggiarsi per il campo hanno riconosciuto colui che di fatto ha raccolto la loro eredità e che è l'unico vero timoniere del presente e del futuro della squadra londinese. Probabilmente, guardandolo con un sorriso stentato, Henry avrà pensato che Van Persie non fosse poi così fenomenale come giocatore ma che anzi i campioni avessero ben altra stoffa. O quantomeno questa sarebbe stata una reazione naturale alle giocate stentate e imprecise dei primi 70 minuti del talento nativo di Rotterdam. Sbagliare una partita dopo un così prolifico inizio sarebbe stato assolutamente normale, eppure Robin non ne sembrava molto convinto e anzi, da personaggio molto ambizioso qual è, provava in tutti i modi a farsi valere, stimolato da una sfida troppo affascinante per essere persa: dominare il più impervio dei confronti, quello con la storia. E così, quando il cronometro recitava il 25° minuto del secondo tempo, Koscielny appoggia il pallone a Song, il quale decide di dare l'ennesima prova del più che sopraffino bagaglio tecnico che ha messo su, destinando un pallone al bacio per Van Persie. L'olandese, al vertice sinistro dell'area di rigore, troppo ingolosito dalla prospettiva di accarezzare il pallone col suo magico sinistro, colpisce al volo e pietrifica Howard insaccando sul secondo palo. Un gol assolutamente eccezionale. Un movimento angelico, coordinato alla perfezione da un corpo la cui eccessiva fragilità ha probabilmente privato uno dei talenti più evidenti e spettacolari del nostro calcio di quel tipo di carriera che avrebbe meritato. Ennesimo saggio della sua eleganza, ennesima prova dell'indiscutibile primato che ricopre per talento e nobiltà calcistica. Tutti in piedi all'Emirates, con Henry impegnato in un applauso scrosciante quasi a farsi perdonare per un giudizio che troppo frettolosamente sembrava aver dato. La 125esima candelina sulla torta dei Gunners si chiama Robin Van Persie.
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venerdì 9 dicembre 2011
Quattro
Quattro. Come i pareggi della Samp alla guida di Iachini, come i voti che molti dei nostri per quanto fatto stasera meriterebbero.Nemmeno oggi è arrivata la vittoria, e anzi, solo un'improvvisa dimostrazione di carattere ha costretto la Juve Stabia a un pari, tutto sommato, immeritato. Le vespe hanno, soprattutto nel primo tempo, dominato in lungo e in largo la partita dando prova di quella fluidità, di quella sinergia tra i reparti ma soprattutto di quel lodevole spirito di abnegazione, che tanto servirebbero alla Sampdoria.
I blucerchiati non ci sono, la metamorfosi tanto agognata tarda clamorosamente ad arrivare e, a quanto pare, nemmeno Iachini è riuscito a mutare uno status quo che appare cristallizzato da più di qualche mese. L'ex mister del Brescia pare essere infatti eccessivamente legato alle esigenze tattiche del 4-3-3 ignorando certezze che speravamo fossero già abbastanza chiare: per iniziare Bertani così lontano dalla porta non è di alcuna utilità alla squadra perchè fatica tantissimo ad entrare nel vivo della manovra. E i suoi spunti sporadici nelle poche volte in cui è stato messo in condizione di giocare il tipo di calcio che preferisce, e cioè in posizione frontale rispetto alla porta, dimostrano quanto diverso sia l'apporto che potenzialmente il piemontese è in grado di garantire. Eppure anche oggi, nonostante le opache prestazioni di Reggio e Bari, Iachini ha confermato la sua scelta posizionandolo ad oltre 30 m dalla porta difesa da un ottimo Colombi. Punto n.2: nelle prime apparizioni di Iachini, il buon senso ci aveva suggerito di non criticare la scelta di schierare Dessena dall'inizio, in quanto per il mister era normale prendere in considerazione, in un così complicato periodo, il pedigree e l'esperienza piuttosto che la bravura effettiva sul rettangolo di gioco. Alla quarta panchina, ostinarsi però nel lanciare in campo Dessena s'è rivelato un assoluto abominio. L'emiliano è il vero cancro di questa squadra: protagonista silenzioso del raccapricciante scempio sampdoriano iniziato l'anno scorso che ha tristemente accompagnato i fallimenti sampdoriani senza che nessuno realmente se ne accorgesse e se ne sbarazzasse (tolto Atzori, che almeno qui c'aveva visto benissimo). Gli inadempimenti tattici dell'ex Parma appaiono limpidi: zero pressing, corsa a vuoto e ovviamente una quantità astronomica di palle perse. Resta da capire quello che Iachini vede in lui ma soprattutto il motivo per cui venga preferito al più giovane e forte Obiang, il quale è sicuramente poco adeguato per caratteristiche a comporre il terzetto di centrocampo ma resta, in virtù di un repertorio enormemente superiore, preferibile a Dessena. Aldilà della sua prestazione è l'intero meccanismo nevralgico che preoccupa e non poco. Del tutto inconsistente, il centrocampo sembra mancare di un uomo di personalità e bravura tecnica capace di ricevere e smistare palloni lubrificando la fase offensiva. No, Palombo non è quel tipo di giocatore: ormai anche a livello di cuore e personalità sembra del tutto passivo. A livello difensivo, la linea verde proposta (anche per necessità: mancava Gastaldello e per fortuna Accardi è rimasto a sedere) desta qualche perplessità: Rossini e Volta sono troppo irruenti ed inesperti per giocare fianco a fianco. Lo svizzero in realtà, tolto qualche errore, si è comportato egregiamente confermando i progressi di Reggio Calabria: buoni i mezzi tecnici oltre che i movimenti e i posizionamenti difensivi. Non si potrebbe dire lo stesso di Volta per il quale l'involuzione degli ultimi mesi assume proporzioni sempre più ampie. Costa e Rispoli troppo confusionari e di nessuno aiuto a Foggia che, come al solito ha predicato nel deserto, e Bertani. Ricapitolando, non c'è stata quella reazione proclamata alla vigilia. Solo il gol nel finale di Pozzi e qualche fischio sospetto dell'arbitro Baracani che ha ingiustamente privato la Juve Stabia di almeno un rigore, permette alla Sampdoria di uscire imbattuta da Marassi. Dietro al misero punto guadagnato in classifica si cela in realtà l'ennesima prestazione desolante che richiederebbe cambiamenti immediati di rotta. Ma, ormai, ci siamo anche stancati di dirlo.
Potete leggerlo anche su Sampbook: http://www.sampbook.com/blog/09/12/2011/quattro/
I blucerchiati non ci sono, la metamorfosi tanto agognata tarda clamorosamente ad arrivare e, a quanto pare, nemmeno Iachini è riuscito a mutare uno status quo che appare cristallizzato da più di qualche mese. L'ex mister del Brescia pare essere infatti eccessivamente legato alle esigenze tattiche del 4-3-3 ignorando certezze che speravamo fossero già abbastanza chiare: per iniziare Bertani così lontano dalla porta non è di alcuna utilità alla squadra perchè fatica tantissimo ad entrare nel vivo della manovra. E i suoi spunti sporadici nelle poche volte in cui è stato messo in condizione di giocare il tipo di calcio che preferisce, e cioè in posizione frontale rispetto alla porta, dimostrano quanto diverso sia l'apporto che potenzialmente il piemontese è in grado di garantire. Eppure anche oggi, nonostante le opache prestazioni di Reggio e Bari, Iachini ha confermato la sua scelta posizionandolo ad oltre 30 m dalla porta difesa da un ottimo Colombi. Punto n.2: nelle prime apparizioni di Iachini, il buon senso ci aveva suggerito di non criticare la scelta di schierare Dessena dall'inizio, in quanto per il mister era normale prendere in considerazione, in un così complicato periodo, il pedigree e l'esperienza piuttosto che la bravura effettiva sul rettangolo di gioco. Alla quarta panchina, ostinarsi però nel lanciare in campo Dessena s'è rivelato un assoluto abominio. L'emiliano è il vero cancro di questa squadra: protagonista silenzioso del raccapricciante scempio sampdoriano iniziato l'anno scorso che ha tristemente accompagnato i fallimenti sampdoriani senza che nessuno realmente se ne accorgesse e se ne sbarazzasse (tolto Atzori, che almeno qui c'aveva visto benissimo). Gli inadempimenti tattici dell'ex Parma appaiono limpidi: zero pressing, corsa a vuoto e ovviamente una quantità astronomica di palle perse. Resta da capire quello che Iachini vede in lui ma soprattutto il motivo per cui venga preferito al più giovane e forte Obiang, il quale è sicuramente poco adeguato per caratteristiche a comporre il terzetto di centrocampo ma resta, in virtù di un repertorio enormemente superiore, preferibile a Dessena. Aldilà della sua prestazione è l'intero meccanismo nevralgico che preoccupa e non poco. Del tutto inconsistente, il centrocampo sembra mancare di un uomo di personalità e bravura tecnica capace di ricevere e smistare palloni lubrificando la fase offensiva. No, Palombo non è quel tipo di giocatore: ormai anche a livello di cuore e personalità sembra del tutto passivo. A livello difensivo, la linea verde proposta (anche per necessità: mancava Gastaldello e per fortuna Accardi è rimasto a sedere) desta qualche perplessità: Rossini e Volta sono troppo irruenti ed inesperti per giocare fianco a fianco. Lo svizzero in realtà, tolto qualche errore, si è comportato egregiamente confermando i progressi di Reggio Calabria: buoni i mezzi tecnici oltre che i movimenti e i posizionamenti difensivi. Non si potrebbe dire lo stesso di Volta per il quale l'involuzione degli ultimi mesi assume proporzioni sempre più ampie. Costa e Rispoli troppo confusionari e di nessuno aiuto a Foggia che, come al solito ha predicato nel deserto, e Bertani. Ricapitolando, non c'è stata quella reazione proclamata alla vigilia. Solo il gol nel finale di Pozzi e qualche fischio sospetto dell'arbitro Baracani che ha ingiustamente privato la Juve Stabia di almeno un rigore, permette alla Sampdoria di uscire imbattuta da Marassi. Dietro al misero punto guadagnato in classifica si cela in realtà l'ennesima prestazione desolante che richiederebbe cambiamenti immediati di rotta. Ma, ormai, ci siamo anche stancati di dirlo.
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Brandon Roy si è ritirato!
Ecco quanto si legge da nba-evolution.com:
Brutta notizia quella che la ESPN ha riportato qualche minuto fa, pare infatti che Brandon Roy (27 anni) abbia preso seriamente la decisione di ritirarsi dalla pallacanestro, la motivazione che sta spingendo il leader dei Blazers è assolutamente di natura fisica, infatti le sue ginocchia non sono migliorate. Ecco perché non fu applicata l’amnistia.
B-Roy è stato scelto al primo round del Draft 2006 con la 6^ scelta assoluta dai Minnesota Timberwolves, che poi lo hanno girato ai Blazers; nel suo anno da rookie viaggiò a 16.8 punti, 4.8 rimbalzi e 4.0 assist, cifre con le quali si aggiudicò il trofeo di “Rookie of The Year”.
Il suo career-high fu di 52 punti realizzato il 18/12/2008 contro i Phoenix Suns.
In quest’ultima stagione Brandon ha solo disputato 47 partite (12.2 punti) ma è riuscito a lasciare il suo segno nei Playoffs quando guidò la rimonta dei Blazers contro i Mavericks in Gara4 del primo round, segnando 18 dei suoi 24 punti nell’ultimo quarto, per chi non se lo ricordasse
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lunedì 5 dicembre 2011
Amnesie
Quanto alla Juve, i successi della vecchia signora hanno rievocato insinuazioni, accuse e sfottò vari. Non desidero affatto pormi da paladino della Juventus, assolutamente. Però l'uso dei triti e ritriti epiteti di ladri e imbroglioni è onestamente inspiegabile e anzi dovrebbe soddisfare i tifosi juventini, che in questo modo acquisiscono la consapevolezza di esser tornati a rappresentare un vero e proprio spauracchio per il resto dell'Italia. Sul web impazzano moviole e foto sulle posizioni dei giocatori in occasione del rigore (inspiegabilmente concesso si, ma è chiaro che la Juventus avrebbe vinto comunque) trasformato da Vidal quasi a voler sottolineare che la situazione presentatasi sia stata la stessa di Napoli-Juve. Ovviamente nessuno ha pensato che la norma sui rigori, così come molte altre, si presta a diverse interpretazioni e non è pienamente considerata da tutti: quante volte un rigore andrebbe ripetuto? Tante. Quante volte lo si ripete effettivamente? Poche. E l'utilizzo e la considerazione di certe norme (spesso ignorate) rappresenta parte del confine che divide l'arbitro mediocre da quello discreto. Tagliavento fa chiaramente parte della seconda categoria, è di questo che si lamentano i napoletani?
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giovedì 1 dicembre 2011
Player Of The Week: Federico Macheda
Beh, a dire il vero in questo caso più che di "player" sarebbe meglio parlare di "Bluff of the Week". Ne converrà Alex Ferguson che, ammaliato dal celebre gol di qualche anno fa (contro l'Aston Villa) con il quale Federico Macheda aveva praticamente inciso la fatidica parola "fine" sulla Premier del 2009, aveva profetizzato un futuro più che radioso per il 20enne. A distanza di qualche anno, appare molto più probabile che invece l'ex Lazio debba rassegnarsi a palcoscenici molto più modesti di quelli che così precocemente ha vissuto e sta, tutt'ora, vivendo. Le criptiche affermazioni di Ferguson avevano convinto persino Garrone, il quale, aveva individuato il sostituto di Antonio Cassano proprio nel promettente Macheda, un acquisto dopo il quale, almeno a quanto disse, l'entusiasmo è aumentato di 20 volte. Non andò esattamente come sperava il patron genovese: il bel gol siglato contro l'Udinese all'esordio fu l'unico per Macheda e per i blucerchiati fu Serie B. La parentesi blucerchiata di Macheda ha del raccapricciante: la strafottenza del poco più che esordiente centravanti unita a un'alterigia assolutamente sproporzionata rispetto al suo valore effettivo lo rese un personaggio addirittura più odiato del cadavere Maccarone per i tifosi blucerchiati. Per lui, giocare nella Sampdoria non era che una passerella per ostentare a tifose e fan varie il suo look squisitamente metrosessuale. A completare un cocktail fortemente istigante all'odio eterno sono state le clamorose dichiarazioni estive del soggetto in questione: "E' stata durissima, non ho avuto molte occasioni (sono state anche troppe!) e la squadra ha perso la serie A. Non sono nemmeno riuscito ad uscire di casa in quei sei mesi (come ti compatiamo!) perchè c'era sempre la possibilità di venire alle mani con i tifosi della Samp, erano furiosi con me, non era la situazione migliore. Non è come allo United, in Italia i tifosi possono essere un po' pazzi quando le cose non vanno bene". Aldilà delle gratuite insinuazioni sulla violenza del popolo doriano che, per quanto viscerale, ha sempre mostrato una netta idiosincrasia verso ogni tipo di atto violento, a differenza di molte altre culture calcistiche italiane, è simpatico constatare l'ultima affermazione con cui si pone quasi da ambasciatore dei costumi italiani in Inghilterra cercando di salvare la reputazione perlomeno lì. Reputazione che pare però aver irrimediabilmente segnato anche in Inghilterra, dopo il match di ieri sera di Carling Cup contro il Crystal Palace di Freedman che ne approfitta per segnare una vittoria che ha del memorabile. L'occasione concessagli da Ferguson, una sorta di extrema ratio dopo la problematica esperienza blucerchiata ma anche il suo non esaltante inizio di stagione, viene naturalmente sprecata da Macheda. Non vi lasciate influenzare dal rigoretto messo a segno: in realtà la performance di Macheda è stata incredibilmente scialba, naturale credere che la sua carriera a Manchester possa ritenersi ormai compromessa.
Questo pesante j'accuse non può che chiudersi con un affettuoso, quasi paterno, consiglio per Macheda: parlare meno, pettinarsi ancor meno e lavorare tanto. Dev'essere questo il mantra del centravanti romano per provare a dare una svolta alla sua carriera. E per non rievocare nelle memorie dei tifosi inglesi le tristi vicissitudini dell'ei fu Francis Jeffers, la tanto discussa e tanto amata punta dell'Arsenal che non sbocciò mai. Adesso è finito addirittura a giocare in Australia, ed è inquietante vedere che Macheda gli somigli sempre di più.
Questo pesante j'accuse non può che chiudersi con un affettuoso, quasi paterno, consiglio per Macheda: parlare meno, pettinarsi ancor meno e lavorare tanto. Dev'essere questo il mantra del centravanti romano per provare a dare una svolta alla sua carriera. E per non rievocare nelle memorie dei tifosi inglesi le tristi vicissitudini dell'ei fu Francis Jeffers, la tanto discussa e tanto amata punta dell'Arsenal che non sbocciò mai. Adesso è finito addirittura a giocare in Australia, ed è inquietante vedere che Macheda gli somigli sempre di più.
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lunedì 28 novembre 2011
Juve, ma fai sul serio?
Quello che emerge dalla tredicesima giornata di campionato è un dato sempre più netto: la Juventus non è un fuoco di paglia, ma anzi è tra le più valide ed accreditate contendenti alla vittoria del campionato. La vittoria dell'Olimpico ha ulteriormente consolidato questa convinzione: la Juventus pare finalmente la squadra pronta e preparata che Marotta e Agnelli da tempo desideravano. Fuor di dubbio ormai che la squadra sia quantomeno allo stesso livello di altre potenziali outsider come Lazio, Napoli e Udinese. Questo sebbene a livello tattico continui a destare più di qualche perplessità, non essendo ancora straordinariamente fluida nelle sue manovre offensive, e questo non è necessariamente da tradursi come un'irrisoria abilità nel creare pericoli ed occasioni quanto piuttosto nell'organizzarli nel momento in cui chi si trova di fronte ha un atteggiamento particolarmente catenacciaro (Catania, Bologna e Chievo insegnano). In ogni caso la squadra di Conte guarda tutti dall'alto verso il basso ed è questo che conta di più. Non solo: è l'unica squadra ancora imbattuta. I meriti sono da suddividere equamente tra Marotta e Conte: il primo sta finalmente dimostrando che le critiche mossegli l'anno scorso erano del tutto infondate: nella condizione in cui Secco aveva lasciato la squadra non sarebbe stato bastevole investire tutto su un Dzeko o un Aguero per sbrogliare la matassa, era necessario invece, come il ds varesino ha brillantemente osservato, costruire una base nel quale inserire successivamente qualche elemento di spessore (proposto soddisfatto quest'anno con gli innesti di Vucinic e Vidal). Il secondo è stato fin ora efficacemente zelante nel sacrificare nomi eccellenti (Del Piero, Quagliarella e il desaparecido Elia) pur di soddisfare le esigenze tattiche del suo undici. Altra rinuncia: i piedi e le folgoranti qualità offensive che fecero di Vidal un autentico crack in Germania. Conte l'ha completamente riassettato: da centrocampista offensivo dallo spiccato senso del gol al più classico faticatore di centrocampo. E' anche merito di questa geniale metamorfosi se la Juve è lì dove si trova. Altra presenza chiave nello scacchiere juventino è quella di Marchisio. Il cosiddetto principino sta infatti attraversando un momento di grazia, indubbiamente il migliore della sua carriera. E finalmente sta congiungendo i suoi exploit con quella continuità che in passato non aveva mai raggiunto. Don't say cat if you have not it in the sack, Trapattoni ci insegna. La stagione è ancora molto lunga: occhio a darlo già per il nuovo Lampard, o, per i più ottimisti, il miglior centrocampista del mondo (?!?). Due mesi di ottime prestazioni non sono abbastanza per poter realmente definire il suo valore. Capitolo Chiellini: anche qui Conte ha fatto un'ottimo lavoro, mostrando quanto semplice da risolvere fosse in realtà il rebus terzino sinistro, che Marotta e Delneri avevano coraggiosamente provato a sbrigare con soggettoni come De Ceglie, Salihamidzic o addirittura, il sommo Traorè. Insomma, la Juventus è una grande squadra. Quanto possa effettivamente reggere il confronto col Milan, squadra considerata un po' da tutti sostanzialmente superiore per spessore e talento (a maggior ragione se mr. "rosicone" Tevez dovesse davvero arrivare a Milanello), ce lo dirà anche il big match di domani sera che opporrà i bianconeri al Napoli. Non esattamente ottimale l'atmosfera partenopea: nonostante il fantastico trionfo di martedì in coppa, le vicende extra-calcistiche (la moglie di Lavezzi definisce Napoli ciudad de mierda dopo la rapina a mano armata) stanno destabilizzando e non poco l'ambiente. Il match di martedì sarà un importante banco di prova anche per loro: potrà infatti stabilire se per il Napoli la porta delle prime posizioni è chiusa del tutto o se, viceversa, c'è ancora qualche spiraglio.
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domenica 27 novembre 2011
Gary Speed R.I.P.
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venerdì 25 novembre 2011
Non ci resta che piangere
martedì 22 novembre 2011
Vedi Napoli e poi muori
Facendo zapping col telecomando ho intravisto anche un po' di tennis: clamorosa la disfatta di Nadal per opera di Federer che conferma i progressi di Parigi-Bercy concedendosi il lusso di chiudere il secondo set addirittura per 6-0. Con un punteggio simile è terminata una partita di un altro sport, quella tra le riserve del Real Madrid e il Dinamo Zagabria, finita 6-2. Un'autentica festa per le merengues che stanno vincendo tutto quanto possibile: primi in Liga e primissimi nel girone. Forse è davvero l'anno buono per Mou...
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lunedì 21 novembre 2011
Tre cose che abbiamo imparato in questo weekend
1) La furbata della settimana
Trovare qualcosa che non sia successo nello scoppiettante match tra Wigan e Blackburn è impresa davvero improba. Lo spettacolo non si limita infatti alle espulsioni, ai calci rotanti alla Chuck Norris in pieno volto e ai rigori otto minuti oltre il tempo regolamentare: qualcosa di persino più curioso e inusuale ha rubato la ribalta ai pur strabilianti eventi prima citati. Il gol del momentaneo 2-2 di Hoilett ha infatti una dinamica assolutamente singolare. Sulla lunetta del calcio d'angolo si era inizialmente appropinquato Yakubu che sistema con la mano la sfera sul vertice alto (come è costume ormai in ogni angolo del mondo) della lunetta senza toccarla in nessun modo coi piedi. Quel furbacchione di Morten Gamst Pedersen, l'uomo che non trova differenze nel battere le punizioni di destro o di sinistro, ha dimostrato per l'ennesima volta di saperne una più del diavolo. Avvicinatosi alla bandierina, mette in movimento al pallone sino al lato corto dell'area di rigore prima di servire il canadese Hoilett che, favorito dall'ipnosi generale che aveva ragionevolmente preso i difensori di Martinez, ha messo il pallone in rete. In Italia con la Roma di Spalletti assistemmo a qualcosa di molto simile, la sostanziale differenza rispetto ad essa è che il gol di Hoilett è assolutamente irregolare come ha ribadito la moviola confermando i sospetti di Martinez ma anche dei commentatori televisivi, sinceramente sbalorditi da quanto stava accadendo.
2) Il mondo è ingiusto
A tenere banco tra giornali, trasmissioni e emittenti varie è lo straordinario gol segnato da Osvaldo, o meglio quello che avrebbe segnato se l'assistente non avesse inspiegabilmente alzato la bandierina segnalando il fuorigioco. L'italo-argentino aveva freddato Julio Sergio con una rovesciata a dir poco eccezionale. Com'è naturale, trattandosi dell'attaccante di una delle squadre dai bacini di utenza più copiosi d'Italia nonchè dell'uomo che pochi giorni prima esordiva da titolare nella Nazionale Italiana, il fatto ha avuto un riscontro sbalorditivo tra gli appassionati di questo sport. Tutti hanno sentito l'esigenza di manifestare la propria indignazione verso il guardalinee ma allo stesso tempo la propria ammirazione per l'ex centravanti dell'Espanyol. Tutto quello che non era successo poche settimane prima quando Riccardo Meggiorini, meno pagato, meno amato e (a questo punto) meno fortunato, s'era esibito in un gesto molto simile, guarda caso proprio contro il Lecce. Una rovesciata ugualmente spettacolare e annullata allo stesso modo. Ma nessuno parlò di un gol che avrebbe probabilmente cambiato la stagione, e forse addirittura la carriera all'ex Cittadella, che per il momento sta faticando a confermare tutte le belle parole dette sul suo conto in passato e a cui avrebbe dunque fatto molto comodo siglare un gol del genere. Osvaldo avrà un gol in meno nel conteggio statistico ma un sostanzioso ritorno a livello di immagine, e Meggiorini?
3) Boas non quaglia
L'esasperata filosofia del "calcio del futuro" del poco più che trentenne allenatore portoghese non si è rivelata esattamente un fattore in queste prime 12 giornate di Premier League. I punti dei blues sono 22 e il distacco dal Manchester City è ormai abissale (12 punti). Ieri è arrivata una dura lezione da King Kenny Dalglish che ha stroncato il suo vano idealismo calcistico con un football cinico e spietato. Il tecnico continua a ricordare che la fiducia di cui gode è del tutto incondizionata e che il suo è un progetto a lungo termine. Abramovich, in virtù delle ingenti somme scucite per accontentare il manager-prodigio, non sembra essere particolarmente d'accordo. Vedremo.
Trovare qualcosa che non sia successo nello scoppiettante match tra Wigan e Blackburn è impresa davvero improba. Lo spettacolo non si limita infatti alle espulsioni, ai calci rotanti alla Chuck Norris in pieno volto e ai rigori otto minuti oltre il tempo regolamentare: qualcosa di persino più curioso e inusuale ha rubato la ribalta ai pur strabilianti eventi prima citati. Il gol del momentaneo 2-2 di Hoilett ha infatti una dinamica assolutamente singolare. Sulla lunetta del calcio d'angolo si era inizialmente appropinquato Yakubu che sistema con la mano la sfera sul vertice alto (come è costume ormai in ogni angolo del mondo) della lunetta senza toccarla in nessun modo coi piedi. Quel furbacchione di Morten Gamst Pedersen, l'uomo che non trova differenze nel battere le punizioni di destro o di sinistro, ha dimostrato per l'ennesima volta di saperne una più del diavolo. Avvicinatosi alla bandierina, mette in movimento al pallone sino al lato corto dell'area di rigore prima di servire il canadese Hoilett che, favorito dall'ipnosi generale che aveva ragionevolmente preso i difensori di Martinez, ha messo il pallone in rete. In Italia con la Roma di Spalletti assistemmo a qualcosa di molto simile, la sostanziale differenza rispetto ad essa è che il gol di Hoilett è assolutamente irregolare come ha ribadito la moviola confermando i sospetti di Martinez ma anche dei commentatori televisivi, sinceramente sbalorditi da quanto stava accadendo.
A tenere banco tra giornali, trasmissioni e emittenti varie è lo straordinario gol segnato da Osvaldo, o meglio quello che avrebbe segnato se l'assistente non avesse inspiegabilmente alzato la bandierina segnalando il fuorigioco. L'italo-argentino aveva freddato Julio Sergio con una rovesciata a dir poco eccezionale. Com'è naturale, trattandosi dell'attaccante di una delle squadre dai bacini di utenza più copiosi d'Italia nonchè dell'uomo che pochi giorni prima esordiva da titolare nella Nazionale Italiana, il fatto ha avuto un riscontro sbalorditivo tra gli appassionati di questo sport. Tutti hanno sentito l'esigenza di manifestare la propria indignazione verso il guardalinee ma allo stesso tempo la propria ammirazione per l'ex centravanti dell'Espanyol. Tutto quello che non era successo poche settimane prima quando Riccardo Meggiorini, meno pagato, meno amato e (a questo punto) meno fortunato, s'era esibito in un gesto molto simile, guarda caso proprio contro il Lecce. Una rovesciata ugualmente spettacolare e annullata allo stesso modo. Ma nessuno parlò di un gol che avrebbe probabilmente cambiato la stagione, e forse addirittura la carriera all'ex Cittadella, che per il momento sta faticando a confermare tutte le belle parole dette sul suo conto in passato e a cui avrebbe dunque fatto molto comodo siglare un gol del genere. Osvaldo avrà un gol in meno nel conteggio statistico ma un sostanzioso ritorno a livello di immagine, e Meggiorini?
3) Boas non quaglia
L'esasperata filosofia del "calcio del futuro" del poco più che trentenne allenatore portoghese non si è rivelata esattamente un fattore in queste prime 12 giornate di Premier League. I punti dei blues sono 22 e il distacco dal Manchester City è ormai abissale (12 punti). Ieri è arrivata una dura lezione da King Kenny Dalglish che ha stroncato il suo vano idealismo calcistico con un football cinico e spietato. Il tecnico continua a ricordare che la fiducia di cui gode è del tutto incondizionata e che il suo è un progetto a lungo termine. Abramovich, in virtù delle ingenti somme scucite per accontentare il manager-prodigio, non sembra essere particolarmente d'accordo. Vedremo.
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sabato 19 novembre 2011
Da leccarsi i baffi!
Il Saturday di calcio inglese si conferma ancora una volta garanzia di spettacolo assoluto. I fuochi d'artificio arrivano in particolare dal "derby della disperazione" tra Wigan e Blackburn: al JJB Stadium finisce 3-3 dopo il pareggio in extremis (98'!) di Yakubu. Un pareggio che avrà sicuramente divertito gli spettatori neutrali ma di cui, Blackburn e Wigan, proprio non necessitavano, viste le difficoltà di classifica. Difficile è anche il campionato del Bolton: dopo il trionfo di due settimane fa sullo Stoke, il West Bromwich lo batte complicando la vita a Owen Coyle, che adesso rischia seriamente l'esonero. Everton e City come da pronostico sbrigano (i Toffees -come al solito, tra le mura amiche- hanno faticato più del previsto in verità) le pratiche Wolverhampton e Newcastle. In Championship continuano a dominare Southampton e West Ham. I Saints infliggono un 3-0 i Seagulls di Poyet, che ha impresso un atteggiamento colpevolmente rinunciatario alla squadra. Gli Hammers espugnano la Ricoh Arena, battuto il Coventry in rimonta per 2-1. Sembra essersi conclusa la favola Derby: la banda di Nigel "di-mio-padre-ho-preso-poco" Clough perde anche con l'Hull City e s'incammina ormai inesorabilmente verso l'anonimato di metà classifica. Respira aria fresca invece Cotterill: il Forrest batte in rimonta l'Ipswich grazie ai centri di Lynch e dell'ex Sheffield Wednesday Tudgay.
Tutto lo spettacolo degli altri campi e molto altro ancora in termini di atmosfera al Britannia Stadium, dove i Delap Special e gli intensi sforzi offensivi del finale non sono bastati allo Stoke City per evitare la sconfitta. Il QPR deve i suoi 3 punti soprattutto all'atteggiamento gladiatorio di Helguson, che ha chiuso la partita con due gol e un inevitabile cartellino giallo. Warnock riesce quindi a sopperire alle assenze di Bothroyd (infortunato) e Taarabt (ormai chiaramente ai margini della squadra, il PSG è ormai più di un ipotesi per lui) orchestrando un undici rapido e astuto contro la strapotenza fisica degli uomini di Pulis. Lo Stoke è invece alla quarta sconfitta di fila: il più che collaudato sistema di Pulis inizia a scricchiolare e accusa sempre più la mancanza di alternative tattiche al gioco dei campanili e dei traversoni in cui sono riassunte tutte le loro possibilità offensive. Aldilà dei lanci e delle rimesse di Delap, i Potters hanno mostrato grande difficoltà nel creare azioni da gol giocando palla a terra: un paio di piedi buoni a centrocampo servirebbe come il pane a questa squadra.
Breve postilla sul titolo: il riferimento ai "baffi" non è esclusivamente un elogio allo spettacolo del sabato inglese ma anche una constatazione dei numerosissimi giocatori dello Stoke che li hanno, a memoria ne ricordo almeno 8 (Whelan, Huth, Walters, Higginbottham, Fuller, Wilikinson, Shawcross, Etherington). Non si tratta di un banale brand estetico bensì di una campagna promozionale per il tumore alla prostata, ecco perchè, per tutto il mese di Novembre (ribattezzato Movember, per omaggiare l'iniziativa), vedrete i baffi su ogni singolo giocatore dello Stoke City.
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Punto e a capo
Punto e a capo. E' così, perchè è cambiato l'allenatore, sono cambiati gli interpreti in campo (formazione rivoluzionata dall'ex tecnico del Brescia), ma il copione è sempre quello. Anche oggi la Samp ha mostrato evidenti lacune in fatto di carattere, personalità e voglia di vincere. Dopo il gol di Volta infatti, i blucerchiati hanno letteralmente smesso di giocare permettendo ai padroni di casa di farsi vivi in più occasioni dalle parti di Romero, coadiuvati da una difesa che in quanto a disorganizzazione oggi ha sfiorato i minimi storici.
Ai modesti De Paula, Caputo e compagnia sono state date troppe opportunità per punire la retroguardia blucerchiata, solo la sfortuna e, appunto, la stucchevole incapacità degli interpreti pugliesi avevano impedito al Bari di pareggiare la partita. La fase offensiva anche oggi, nonostante la pochezza della difesa barese, si è ancorata precariamente alle giocate dell'incostante e altalenante genio di Foggia che oggi ha fornito la solita prestazione double face: ai colpi funambolici grazie a cui potrebbe benissimo auspicare a palcoscenici più blasonati del desolante e semi-vuoto San Nicola si sono alternati troppi momenti di assoluta estraneità dal gioco. In ogni caso, per l'ennesima volta, è lui a meritarsi la coccarda del migliore dei nostri. Insomma, le condizioni per l'ennesimo successo insipido, l'ennesimo fuoco di paglia c'erano tutte, un non trascurabile aiuto è arrivato anche da Velotto, che con la severa espulsione di Kopunek, sembrava aver tagliato definitivamente le gambe ai pugliesi e proiettato la Sampdoria verso i 3 punti. Qualunque squadra con un minimo di lucidità e intelligenza avrebbe portato a casa la partita. Non la Sampdoria.
La nostra difesa, guidata enigmaticamente dall'esordiente Rossini dopo l'infortunio di Volta, ha pensato bene di stendere un bel tappeto rosso a Borghese che ha trafitto Romero siglando il gol del pareggio. L'orgogliosa quanto arrembante reazione della Samp è solo una magra consolazione: il Doria torna a Genova con un solo punto in tasca. Inutile precisare che partite condizionate in modo così favorevole in un campionato ostico e insidioso come la Bwin vanno concretizzate, ancor di più se l'obiettivo prefissato (un obiettivo rebus sic stantibus sempre meno realistico) è vincere il campionato. E' utopico pretendere, dopo pochi giorni, i risultati del lavoro di Iachini, era però naturale aspettarsi quantomeno una reazione d'orgoglio. L'unico motivo per abbozzare un sorriso è l'insperata foga agonistica dell'ultimo quarto d'ora, sperando che sia un punto di partenza.
Ai modesti De Paula, Caputo e compagnia sono state date troppe opportunità per punire la retroguardia blucerchiata, solo la sfortuna e, appunto, la stucchevole incapacità degli interpreti pugliesi avevano impedito al Bari di pareggiare la partita. La fase offensiva anche oggi, nonostante la pochezza della difesa barese, si è ancorata precariamente alle giocate dell'incostante e altalenante genio di Foggia che oggi ha fornito la solita prestazione double face: ai colpi funambolici grazie a cui potrebbe benissimo auspicare a palcoscenici più blasonati del desolante e semi-vuoto San Nicola si sono alternati troppi momenti di assoluta estraneità dal gioco. In ogni caso, per l'ennesima volta, è lui a meritarsi la coccarda del migliore dei nostri. Insomma, le condizioni per l'ennesimo successo insipido, l'ennesimo fuoco di paglia c'erano tutte, un non trascurabile aiuto è arrivato anche da Velotto, che con la severa espulsione di Kopunek, sembrava aver tagliato definitivamente le gambe ai pugliesi e proiettato la Sampdoria verso i 3 punti. Qualunque squadra con un minimo di lucidità e intelligenza avrebbe portato a casa la partita. Non la Sampdoria.
La nostra difesa, guidata enigmaticamente dall'esordiente Rossini dopo l'infortunio di Volta, ha pensato bene di stendere un bel tappeto rosso a Borghese che ha trafitto Romero siglando il gol del pareggio. L'orgogliosa quanto arrembante reazione della Samp è solo una magra consolazione: il Doria torna a Genova con un solo punto in tasca. Inutile precisare che partite condizionate in modo così favorevole in un campionato ostico e insidioso come la Bwin vanno concretizzate, ancor di più se l'obiettivo prefissato (un obiettivo rebus sic stantibus sempre meno realistico) è vincere il campionato. E' utopico pretendere, dopo pochi giorni, i risultati del lavoro di Iachini, era però naturale aspettarsi quantomeno una reazione d'orgoglio. L'unico motivo per abbozzare un sorriso è l'insperata foga agonistica dell'ultimo quarto d'ora, sperando che sia un punto di partenza.
Potete leggerlo anche su Sampbook: http://www.sampbook.com/blog/19/11/2011/punto-e-a-capo/
mercoledì 16 novembre 2011
Player Of The Week: Chris Wood
Chris Wood
# 39
Alto (191 centimetri), neozelandese: sembra l'identikit del classico rugbista degli All Blacks. Eppure Chris Wood al rugby ha preferito il calcio sin da ragazzino, forse condizionato da una famiglia che ne è particolarmente affezionata: sua sorella, Chelsey, è tra le giocatrici di maggior rilievo della nazionale femminile neozelandese di calcio. Chris non è da meno: poco più che quindicenne cominciò già a calciare i campi della massima divisione neozelandese col Waikato FC, iniziò a fare sul serio l'anno successivo, quando registrò una media gol spaventosa con i Wanderers di Hamilton. A quel punto divenne lampante che il divario tra le abilità di Chris, seppur solamente diciassettenne, e le prospettive del proprio campionato era già divenuto incolmabile. Così, i dirigenti del WBA non esitarono a metterlo sotto contratto, i gol, tantissimi, segnati nell'Academy dimostrarono che non si sbagliarono affatto. Da allora, dopo una breve parentesi nella squadra riserve, inizia a farsi largo in prima squadra: è il quinto neozelandese della storia a giocare in Premier League. Con i Baggies oltre a 21 presenze, Wood mette a segno anche un gol. Non un gol qualsiasi, ma una botta da 25 metri che lascia di sasso il portiere del Doncaster nel 3-1 al The Hawthorns a favore dei Baggies. Nella stagione seguente, dopo una manciata di partite giocate al Barnsley, fu mandato in prestito al Brighton con l'incarico di contribuire a portare i Seagulls in Championship. Non fallì: gli otto gol oltre al validissimo contributo offensivo che è in grado di garantire in virtù delle sue straordinarie doti tecniche e fisiche, furono un bottino imprescindibile per la promozione dei gabbiani del Sud nonchè l'ennesima prova del suo immenso potenziale. La domanda, anche in virtù delle fantastiche prestazioni che sta fornendo al Birmingham di Hughton, sorge spontanea: era così necessario per Hodgson arrivare a spendere una cifra quasi da record (senza il quasi se si considerano i bonus) per Shane Long quando in casa si ha un attaccante del genere? I tifosi del West Bromwich se lo staranno sicuramente chiedendo. Se da un lato possono restare stizziti guardando il rendimento del neozelandese col Birmingham City, dall'altro però possono abbozzare un sorriso pensando che da gennaio Wood tornerà alla base. Volendo fantasticare sul futuro del West Bromwich non è detto che possa pestarsi i piedi con l'irlandese Long, che è una prima punta. Al St.Andrews' Wood ha infatti mostrato una certa polivalenza adattandosi a giocare da seconda punta ma anche da esterno. E' dominante fisicamente anche in un campionato, come quello inglese, assolutamente all'avanguardia sotto questo punto di vista. Non è un centravanti di rapina, bensì preferisce svariare su tutto il fronte d'attacco usufruendo dell'estrema potenza e precisione delle sue doti balistiche. Occhio a non cadere in errori: non ha nulla a che vedere col prototipo del centravanti moderno ma anzi, per certi versi ricalca i tratti salienti degli attaccanti anni '70 e '80: grande potenza nelle gambe e un unico, fondamentale, obiettivo nella testa: fare gol. Una boccata d'aria fresca, in un calcio sempre più asfissiato dalla speculazione difensiva che sta distogliendo gli attaccanti dai loro originari adempimenti.
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domenica 13 novembre 2011
Profondo (bianco)rosso
Piovaccari, anche oggi impalpabile |
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sabato 12 novembre 2011
La magia dell'FA Cup e il prestigio di Wembley: ecco il menù del sabato
Le nazionali ci hanno privato anche in quest'occasione del momento più agognato della settimana e cioè il sabato calcistico, con il suo ricco e divertente programma che settimanalmente ci francobolla alla tv, o, per i più internauti, allo schermo del pc. Questa volta la motivazione, a gironi conclusi, riguardava gli spareggi valevoli per gli ultimi ticket rimasti per Ucraina e Polonia. Never Mind, l'infinito programma del primo turno della mai troppo celebrata FA Cup ci garantisce un valido motivo per non uscire fuori di testa. La magia di questa manifestazione è qualcosa di assolutamente unico. Anche oggi, le solite sorprese e le solite storie da raccontare che rendono l'FA Cup un'autentica vetrina per tutte quelle realtà costrette al più totale anonimato per tutto il resto della stagione ma che si giocano, con i primi turni dell'FA Cup, grandi possibilità per riempire palmares e almanacchi delle rispettive storie. Realtà come il Fleetwood Town, squadra di Conference (quinta divisione inglese), che ha avuto la meglio sui più quotati Wanderers del Wycombe. In evidenza anche lo Swindon di Di Canio (eh già, proprio quel Di Canio) che ha battuto per 4-1 l'Huddersfield, team di una divisione più avanti (terza). Ha sicuramente scritto la storia del proprio club, il Chelmsford (sesta divisione) che ha avuto la meglio sul Telford (quinta) imponendosi per 4-0. Un simpatico mix di Southern e Northern Premier League (settima serie!) ha invece deliziato gli spettatori del Testwood Stadium, i padroni di casa del Totton hanno letteralmente mortificato i malcapitati giocatori del Bradford vincendo per 8-1. Sicuramente, troveremo questo risultato tra i polverosi e scarni almanacchi dei due club: un risultato del genere non può passare inosservato soprattutto per giocatori che, come quelli delle due squadre in questione, vivono ancora il calcio secondo le sane e genuine emozioni che regala. Non è esattamente questo il caso dei profumatamente pagati giocatori scesi quest'oggi in campo a Wembley nell'affascinante confronto tra Inghilterra e Spagna. Dopo aver stoicamente vinto la battaglia riguardante il poppy sulla maglia grazie all'imprescindibile aiuto del principe William, gli inglesi hanno potuto orgogliosamente ostentare il papavero ricordando solennemente i caduti nelle varie guerre che hanno vista coinvolta l'Inghilterra nella sua storia. Questa fantastica atmosfera ha fatto da cornice a un match che, in realtà, ha procacciato sbadigli e poco altro. Lo snervante tiki taka degli spagnoli e la strenua resistenza britannica hanno costituito il tema del match almeno fino al gol di Lampard, che ha consentito all'Inghilterra di battere la Spagna, dopo tanto, troppo tempo. Saranno contenti anche un po' più a ovest, in Galles, dove Bale e compagni hanno travolto la Norvegia per 4-1, grazie alla doppietta di Vokes, un giocatore inspiegabilmente sottovalutato negli ultimi tempi. Ma la notizia della giornata, è stata decisamente meno spettacolare. Uno striscione, apparso sugli spalti del Cardiff City Stadium, ha eloquentemente espresso quella che è, su per giù, un'idea plebiscitaria da quelle parti, ossia l'assoluto rifiuto di partecipare alla rappresentanza del Regno Unito alle Olimpiadi.
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mercoledì 9 novembre 2011
Player of The Week: Luigi Castaldo
Luigi Castaldo
# 9
Una delle icone del calcio campano, il cui prestigio sta peraltro sorprendentemente lievitando a vista d'occhio, è sicuramente Luigi Castaldo, che si è reso importantissimo soprattutto a livello di Lega Pro 1 e Lega Pro 2, campionati in cui puntualmente si erigeva come uno dei più interessanti calciatori. Nato a Giugliano, in provincia di Napoli, nell'82, Castaldo, fatta eccezione per la breve parentesi con l'Ancona in B, non ha mai varcato i confini della Campania nella sua carriera. Particolare da non analizzare necessariamente in ottica negativa: il napoletano, pur non avendo avuto occasioni per esprimersi ad alti livelli, ha preso per mano il calcio campano nella sua esponenziale escalation a suon di gol, siglati, peraltro, con le maglie delle realtà più in crescita a livello regionale, quali appunto Benevento, Juve Stabia e Nocerina. Si è rivelato un autentico Re Mida per queste ultime: ben 5 le promozioni raggiunte complessivamente nella sua carriera. Ma solo a Nocera Inferiore, e solo a 29 anni aggiungerei, il centravanti ha avuto l'opportunità di confrontarsi con i palcoscenici della Serie B. Aldilà dei 78 centri messi al segno nella sua carriera, è bene ricordare tutti i colpi di talento che compongono il suo repertorio e che hanno sicuramente contribuito alle imprese prima citate. Il napoletano può infatti garantire una copertura totale del fronte d'attacco grazie ai suoi ingenti mezzi fisici e tecnici. Appunto, la tecnica: il tocco di palla è una caratteristica chiave del suo repertorio. Non è il classico rapace d'area di rigore, bensì preferisce avere il pallone tra i piedi per esibirsi in dribbling o altre giocate spettacolari, che sbaglia raramente grazie all'ottima tecnica di base di cui dispone. E allora per quale assurda ragione arriva in B solamente a 29 anni? Alla domanda pare effettivamente difficile dare una risposta concreta, di certo se c'è qualcosa che Castaldo può limare nella parte finale della sua carriera è l'abilità sotto porta, che comunque non costituisce un vero e proprio difetto, come possono testimoniare i 78 gol (bottino non esagerato, ma nemmeno modesto) messi a segno nella sua carriera. In Serie B ha confermato e, se possibile, enfatizzato queste qualità: il salto di categoria non pare averlo osteggiato, e anzi, Castaldo sembra trovarsi più a suo agio sia per una mera questione psicologica (arrivare in B a 29 anni dà inevitabilmente importanti stimoli per migliorarsi ulteriormente) che per una questione di puro format di gioco (il maggior spazio tra le linee in cadetteria valorizza i suoi colpi). L'Henry del Sud ha sicuramente tutte le carte in regola per costruirsi una fama importante anche a livello nazionale conquistandosi, magari, anche la Serie A.
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